2004 - CONTRATTAZIONE DECENTRATA INTEGRATIVA

Roma -

Il nostro documento per affrontare la Contrattazione decentrata integrativa.
Contiene quanto elaborato dal coordinamento RdB CUB P.I. Enti Locali sulle linee di intervento da sostenere nella contrattazione a livello di Amministrazione locale.

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Contratto nazionale e Contratto decentrato

Il contratto nazionale di lavoro è una conquista importante dei lavoratori, di ogni categoria, ed è l'unica vera garanzia per tutti i lavoratori affinché, all'interno di un paese, vi siano eguali condizioni di lavoro ed economiche a parità di categoria. E questo è il luogo deputato in cui le parti decidono le regole da applicare in tutti i posti di lavoro; nel CCNL dovrebbero sempre essere presenti quegli elementi, economici e normativi, che migliorino le condizioni dei lavoratori, in primo luogo gli aumenti salariali oltre l'inflazione, programmata o reale che sia; sappiamo che almeno dal 1993, con il patto cgil,cisl,uil e governo Ciampi, il contratto ha svolto invece una funzione di freno alle esigenze dei lavoratori soprattutto dopo l'abolizione della scala mobile che garantiva l'adeguamento automatico dei salari all'inflazione.

Questo CCNL evidenzia un altro negativo aspetto sulle intenzioni dei governi, controparti e sindacati complici rispetto alla questione contrattuale. Si vuole andare allo svuotamento, o abolizione, del contratto nazionale e lasciare ad una contrattazione territoriale, o di ente, il compito di stipulare i contratti per i lavoratori di quell'area/ente; si ripropongono, sostanzialmente, le gabbie salariali che favoriscono da una parte le tentazioni federaliste/secessioniste che sono ormai trasversali a tutte le forze politiche e dall'altra spezzano la coesione e solidarietà fra i lavoratori rendendoli più deboli e assolutamente subordinati agli interessi degli amministratori.

Significativa è l'introduzione, ancorché facoltativa, di un livello di contrattazione "territoriale" con l'art.5, che riprende l'art.6 del CCNL 1.4.99.

 

Contratto collettivo decentrato integrativo (CCDI)

Fermo rimanendo il giudizio che abbiamo sempre dato sull’importanza del contratto nazionale e su questa pericolosa deriva e l'altrettanto negativo giudizio sui contenuti di questo CCNL, dobbiamo comunque prendere atto che il contratto collettivo decentrato integrativo di ente (CCDI) oggi diventa un campo in cui dovremo misurarci e dove potremo cambiare, stravolgere quanto stabilito dal CCNL e migliorare le condizioni salariali e i diritti dei lavoratori.

Per poter affrontare il lavoro che ci aspetta sulla contrattazione integrativa dobbiamo comunque partire da una convinzione: non ci può essere nessun vincolo dall'alto che ci impedisca di pretendere un contratto giusto che recuperi i danni di 10 anni di concertazione.

I processi di delega e di privatizzazione hanno determinato negli ultimi anni una diffusa trasformazione dell’attività svolta da Regioni ed Enti locali: dall’erogazione diretta di servizi si è passati gradualmente, ma inesorabilmente, alla gestione indiretta o (nel caso delle Regioni) ad attività di pura e semplice programmazione.

Questo non è avvenuto dappertutto e non nella stessa maniera e con gli stessi tempi; ci troviamo quindi di fronte uno scenario estremamente frammentato che va da quegli enti (in genere medio-piccoli) che hanno mantenuto, in tutto o in parte, una gestione diretta dei servizi a quelli (in genere medio-grandi) che hanno esternalizzato più o meno tutti i servizi, per arrivare, come detto, alle Regioni.

Questo processo è stato subito in modo pesante da tutti i lavoratori. In primo luogo dai lavoratori dei servizi soggetti a processi di privatizzazione, che si sono trovati letteralmente "espulsi" dall’Ente di appartenenza (in particolare quelli delle categorie medio-basse), ma anche da quelli che sono rimasti a svolgere le "nuove funzioni": infatti a questi ultimi vengono richieste mansioni sempre più flessibili e qualificate. Si tratta di una continua richiesta di auto-formazione, auto-riqualificazione ed anche di disponibilità oraria (gli esiti di convegni e studi di settore dimostrano che la presenza pomeridiana si prolunga sempre di più) non compensata da nessun adeguamento economico.

Peraltro per i lavoratori di quegli enti medio-piccoli o che comunque hanno mantenuto la gestione diretta dei servizi la situazione non è di certo migliore perché, con la riduzione costante del personale e i risparmi imposti dalle amministrazioni a seguito dei tagli statali, il personale si trova a svolgere il proprio lavoro sottoposto alla massima flessibilità, senza vincoli sulle mansioni, obbligato a coprire ogni tipo di carenza.

Possiamo affermare dunque che c'è un dato unificante (per ora soprattutto negativo) fra tutti i lavoratori degli enti locali e cioè: aumento della professionalità, aumento della flessibilità sia nelle mansioni che nell'orario e intercambiabilità nelle funzioni, aumento dei carichi di lavoro, riduzione degli strumenti di difesa e un generale peggioramento delle condizioni a partire dalla questione salariale.

Sostanzialmente oggi i lavoratori si trovano nella condizione di potere o dovere svolgere tutte (o molte) delle funzioni che prima erano svolte da personale di diversi livelli ed erano vincolate da specifici mansionari. Ci troviamo, di fatto, di fronte ad una sorta di "categoria unica" in cui tutti fanno (o devono fare) tutto; il problema è che a questo non corrisponde uguale trattamento economico e giuridico. Ci troviamo quindi di fronte a lavoratori che pur svolgendo le identiche mansioni hanno livelli e retribuzioni differenti, e in questo senso il nuovo CCNL peggiora la situazione introducendo altre 4 posizioni economiche.

Va tenuto conto che ci sono enti in cui ancora esiste personale inquadrato nella cat. A e che sono moltissimi quelli in cat.B.

E' ormai anacronistico, e avvilente, parlare di "premi di produttività" dal momento che tutti i lavoratori si trovano nelle condizioni descritte; è quindi giunto il momento di storicizzare le risorse del fondo garantendo a tutti in maniera fissa e continuativa l'erogazione di tali somme.

Riteniamo quindi prioritaria la riqualificazione di tutto il personale da attuarsi con l’istituto contrattuale della progressione verticale. Tale riqualificazione deve prevedere l’esaurimento della categoria A e lo svuotamento della categoria B.

Progressioni verticali

L’obiettivo è quello di far confluire il personale in servizio in una sorta di "categoria unica", che va individuata nella cat.C o nella cat.D secondo l’attuale distribuzione del personale in queste categorie nell'ente di appartenenza, partendo dall’eliminazione della categoria A, laddove ancora esiste, per passare al progressivo svuotamento della categoria B.

La richiesta di generale riqualificazione del personale con progressione verticale consente di utilizzare risorse dell’Ente che sono esterne al fondo e quindi non soggette alle regole ed ai limiti imposti dal CCNL per la costituzione del fondo stesso. Al contrario consente di recuperare risorse che possono essere riversate nel fondo: infatti i passaggi da una categoria all’altra "liberano" i differenziali di progressione economica della categoria di provenienza (si tratta di una delle pochissime voci utilizzabili per incrementare il fondo!).

Per la regolamentazione delle progressioni verticali devono essere prese in considerazione le seguenti proposte:

valutazione con peso preponderante dell’anzianità di servizio (che continua ad essere l’unico strumento oggettivo di valutazione della professionalità acquisita);

selezione con "corso-concorso", in modo da consentire a tutti i lavoratori interessati di fruire di una reale occasione di aggiornamento professionale

Le eventuali resistenze delle Amministrazioni interessate, che faranno appello alla famigerata sentenza 194/2002 della Corte Costituzionale sui processi di riqualificazione, possono essere gestite ricordando che la sentenza metteva sotto accusa i processi di riqualificazione che di fatto precludevano in modo assoluto l’accesso dall’esterno alla P.A.. Pertanto ciascuna Amministrazione può cautelarsi predisponendo un "piano dei fabbisogni" che prenda in considerazione tutte le esigenze di personale dell’Ente, una successiva articolazione del "piano delle procedure selettive" che preveda un’adeguata percentuale (30-40%) di concorsi pubblici e la copertura di tutti gli altri posti vacanti con progressioni verticali. Le procedure selettive per la progressione verticale vanno scelte tra quelle che presentano caratteristiche facilmente motivabili di "professionalità acquisibile dall’interno" (e sono parecchie…).

In relazione ai limiti disposti dalla Legge finanziaria per le assunzioni, va ricordato che le progressioni verticali non rientrano in quei limiti e che quindi possono essere attuate senza alcun problema. La copertura dei posti vacanti riservati ai concorsi pubblici sarà semplicemente rinviata… (sperando nella prossima finanziaria).

Per eventuali problemi legati alla disponibilità di pianta organica si possono contrattare le riqualificazioni anche con successiva eliminazione dei posti in organico di categoria inferiore, da attuarsi a progressioni avvenute (per non correre il rischio di eliminare contemporaneamente i posti ed il relativo personale che non vuole partecipare alle progressioni o che non riuscirà a superare la selezione).

 

Utilizzo del Fondo

Innanzi tutto è bene sapere di cosa stiamo parlando: premesso che gli enti debbono fornire la documentazione inerente il Fondo (consistenza e modalità di costituzione) è altrettanto necessario che i delegati e gli RSU sappiano verificarne la correttezza ed abbiano gli strumenti per contestarne eventualmente la consistenza. A questo scopo è utile la tabella (Allegato A) che riassume, in schema, le varie voci che contribuiscono alla formazione del Fondo. Va ricordato che:

- le somme liberate con le progressioni verticali (che sono a carico dell’ente) tornano nel fondo;

- le somme residue del fondo di ogni anno vanno recuperate nel fondo dell'anno successivo (la destinazione è vincolata);
- le somme previste per compensare il lavoro straordinario non sono comprese nel fondo, ma al di fuori di esso;
- le eventuali economie dell'utilizzo dello straordinario possono incrementare il fondo dell'anno successivo (anziché rappresentare
un'economia di gestione dell'ente).

Per altro è importante che i delegati e gli RSU abbiano conoscenza e copia dei seguenti atti dell’ente:

Bilancio preventivo e relazione: sono i documenti di programma dell'ente. Da questi è possibile desumere le volontà effettive dell'amministrazione in ordine alle esternalizzazioni di servizi, alle spese previste per contratti di collaborazione e consulenze esterne, etc.

Conto annuale: è un documento allegato al bilancio dell'ente che contiene i dati relativi alla spesa prevista per il solo personale, compreso quello dirigenziale, nonché le somme previste per la costituzione del fondo per il salario accessorio.

Bilancio consuntivo: rappresenta il documento contabile di verifica dell'attività svolta. Da questo si evince come sono stati spesi i soldi e se sono avanzate risorse.

Regolamento Uffici e Servizi: assume varie denominazioni (regolamento di organizzazione, regolamento del personale, etc.) In esso si stabiliscono le regole per l'organizzazione degli uffici e dei servizi, i procedimenti per gli affidamenti di incarichi, la suddivisione dei servizi nelle varie unità operative, etc.

Dotazione organica e pianta organica: il concetto di dotazione organica è più sfumato: essa rappresenta la quantità di personale, suddiviso per categorie e profili professionali, di cui si avvale l'ente. Viceversa la pianta organica rappresenta la quantità di personale, suddiviso per categorie e profili professionali, di cui ha bisogno l'ente (anche in rapporto ai parametri legislativi che calibrano il numero di dipendenti in rapporto alla popolazione residente.)

PEG - piano esecutivo di gestione: è il documento operativo-contabile ove si riportano le iniziative e i programmi che l'ente vuole realizzare, le dotazioni economiche e i mezzi per realizzare tutto ciò. Solitamente il documento, attraverso la spesa prevista per il personale, contiene anche i dati relativi alla distribuzione del personale nei vari uffici.

Regolamento per le progressioni verticali: stabilisce le modalità con cui le amministrazioni effettuano procedure concorsuali interne.

Piano triennale delle assunzioni: - è un atto di programmazione adottato dagli organi esecutivi di ogni ente (nel caso dei comuni dalla giunta) in cui sono evidenziate le assunzioni, le mobilità e le progressioni verticali da effettuarsi nel corso dell'anno di approvazione e nel biennio successivo.

Statuto (o atto costitutivo): rappresenta la "costituzione" dell'ente, riporta i principi generali e stabilisce alcune regole fondamentali.

Come abbiamo detto l'attivazione delle progressioni verticali, che rimangono sempre la priorità assoluta del nostro intervento, liberano risorse che tornano nel Fondo. Anche nell’utilizzo del Fondo si dovrà tenere conto prioritariamente delle voci che "storicizzano" e rendono certo e definitivo l’incremento salariale.

 

Progressioni orizzontali

L’istituto che presenta maggiori garanzie di certezza e stabilità, tra quelli finanziabili con il fondo, non può che essere la progressione orizzontale.

Per quanto riguarda le motivazioni si richiamano le medesime considerazioni espresse per la progressione verticale (richiesta di sempre maggiore flessibilità e qualificazione).

Per la regolamentazione delle progressioni orizzontale si ritiene che l’unico elemento realmente oggettivo e quindi accettabile possa essere solamente quello dell’anzianità di servizio e che le progressioni debbano essere scollegate da qualsiasi strumento comunque denominato che implichi una valutazione soggettiva.

In particolare per le Categorie più basse e per le posizioni economiche iniziali deve quindi essere riproposto un automatismo che assomigli a quello del vecchio salario di anzianità (un passaggio ogni 1-2 anni di servizio), criterio da estendere anche ai successivi passaggi.

Va considerato che, in linea di principio, è possibile effettuare progressioni orizzontali ogni anno. Tuttavia, e a solo titolo di esempio, si segnala, di seguito, un possibile modello di sviluppo di carriera. Si consideri inoltre che è ragionevole ipotizzare percorsi "più veloci":

da A1 a A2 dopo 1 anno, da A2 a A3 dopo 2 anni (complessivi), da A3 a A4 dopo 3 anni (complessivi)

da B1 a B2 dopo 1 anno e da B2 a B3 dopo 3 anni (complessivi)

da B3 a B4 dopo 1 anno e da B4 a B5 dopo 3 anni (complessivi)

da C1 a C2 dopo 2 anni e da C2 a C3 dopo 4 anni (complessivi)

da D1 a D2 dopo 2 anni

da D3 a D4 dopo 2 anni

Per i passaggi successivi (o per tutti i passaggi qualora nell’ambito della contrattazione decentrata non si riesca a superare l’ostacolo della selezione) si propone quanto segue:

Accesso alla selezione con graduatoria che prenda in considerazione il solo requisito dell’anzianità (qualora il contingente disponibile per la progressione sia inferiore ai dipendenti aventi diritto)

Corso di formazione con prova finale. La difficoltà delle prove deve essere proporzionata al beneficio da acquisire (ricordiamo che si tratta di una banale progressione economica all’interno della stessa categoria!)

Inoltre, le "opportunità" di progressione devono essere prioritariamente destinate a chi non ha avuto nessun passaggio (in questo caso andrebbero "sanati" tutti) o a chi ne ha avuti di meno.

E’ quindi necessario chiedere alle singole Amministrazioni la verifica sul numero dei dipendenti che hanno già beneficiato di uno o più passaggi e sul numero di quelli che non hanno mai avuto passaggi.

Per quanto riguarda le posizioni economiche aggiunte dal nuovo CCNL (A5, B7, C5 e D6) il cui importo tabellare è superiore a quello della posizione iniziale della Categoria superiore (es. B7 > C1, ecc.) è più opportuno lavorare per ottenere progressioni verticali (si precisa che in caso di passaggio verticale successivo, es. da B7 a C1, la differenza stipendiale non può venire conservata se non come Assegno ad personam riassorbibile con i successivi passaggi, determinando quindi un blocco degli aumenti anche di fronte a progressioni successive!).

Compensi per specifiche responsabilità

Il CCNL prevede l’attribuzione di un compenso per specifiche responsabilità dei dipendenti di Categoria B, C e D (già previsto dal precedente CCNL) con un importo annuo minimo (1.000 euro) ed uno massimo (2.000 euro). L’unica novità è l’aumento della misura massima (quella precedente arrivava a 1.549,37 euro solo per i dipendenti delle Regioni).

E’ prevista inoltre un’indennità per i dipendenti che svolgono mansioni di Ufficiale Stato civile/anagrafe/elettorale, Responsabili dei Tributi, Archivisti informatici, Personale URP, Formatori, Messi notificatori con funzioni di Ufficiale giudiziario, Personale della Protezione civile. L’importo massimo per tali indennità è di 300 euro annui.

L’indicazione del CCNL può essere utile per gli Enti che non avevano previsto in sede di contrattazione decentrata compensi di questo tipo.

In molti Enti però la contrattazione decentrata aveva stabilito importi ben più consistenti. In questi casi è quindi necessario mantenere il livello retributivo precedente e cercare di aggiungere altre mansioni retribuibili con specifiche indennità, nonché ampliare il numero dei beneficiari.

E’ opportuno equilibrare l’azione, verificando anche le indennità attribuite con altri istituti (es. Disagio), in modo da consentire al maggior numero di dipendenti di "aggiudicarsi" una quota di fondo, senza esaurire le risorse disponibili a discapito delle categorie di lavoratori che non possono vantare nessuna responsabilità o mansione specifica e che non possono in ogni caso essere penalizzati con la riduzione delle quote di incentivi generali. A tal proposito occorre ricordare che i risultati conseguiti dalle figure che svolgono specifiche responsabilità altro non sono che il frutto della collaborazione di un’intera struttura. Es. il responsabile dei tributi si avvale della collaborazione, della tempestività, dell’efficienza dell’operatore banca dati come del centralinista o dell’addetto alla posta. Si potrebbe proporre un’indennità per tutta la struttura coinvolta nel procedimento.

Ulteriore proposta (per gli stessi motivi espressi in merito a progressioni verticali ed orizzontali) può essere quella di attribuzione a tutti i dipendenti una "indennità di mansione" generica per tutti i dipendenti.

 

Incarichi Alte Professionalità e Posizioni Organizzative

Il conferimento degli incarichi a termine per Alte professionalità, riservati ai dipendenti di Cat. D, deve essere effettuato nell'ambito della disciplina previgente in materia di Posizioni Organizzative (co. 1 lett. b) e c) art. 8 CCNL 31/3/99).

Si tratta quindi di posizioni che le Amministrazioni dovrebbero aver già individuato in relazione alla struttura organizzativa che si sono date. Non è quindi "legittima" l'istituzione di posizioni ex-novo salvo che non possano essere motivate da ristrutturazioni organizzative di una certa entità (es. deleghe di funzioni).

L'istituzione di nuove posizioni decurta stabilmente risorse dal nostro Fondo. E' quindi importantissimo vigilare affinché ciò non avvenga e controllare attentamente la corrispondenza del finanziamento stabilito dal CCNL (0,20% di incremento del fondo) per le Alte professionalità con l’importo destinato a tal fine in modo da evitare che i singoli Enti stanzino risorse proprie per le Alte professionalità.

Si può inoltre agire sugli importi dei singoli incarichi (P.O. e Alte professionalità) che possono essere graduati da un importo minimo ad un massimo previsti dal CCNL, sia per quanto riguarda la Retribuzione di posizione (da 5.164,56 a 16.000 euro annui) che per quanto riguarda la Retribuzione di risultato (dal 10% al 30% della Retribuzione di posizione).

Va ribadita ancora una volta la contrarietà di RdB all’istituzione delle P.O. così come delle Alte professionalità.

Si tenga conto che comunque l’istituzione degli Incarichi per Alte Professionalità incrementano il Fondo di uno 0,20% (art.32, comma 7) che è bene non perdere come risorse: si potranno attivare lo stesso questi Incarichi integrandoli e fondendoli con le Posizioni Organizzative (come dice il CCNL e ribadito anche dall’Aran) avendo cura di limitarne al massimo sia il numero che gli importi.

E’ necessario contenere il più possibile questa voce di spesa (n° di posizioni istituite e importi degli incarichi) in modo da prelevare meno risorse dal Fondo; in ogni caso i dirigenti che intendano attivare questi istituti dovrebbero, attraverso un preciso documento di programmazione, indicarne il numero e le motivazioni nonché le modalità di attribuzione in base a criteri di correttezza e trasparenza. Occorrerà battersi contro ogni attribuzione di questo istituto che rappresenti un chiaro regalo per amici e/o fedelissimi.

 

Compensi per produttività e sistema permanente di valutazione

In merito all’erogazione dei compensi per produttività il CCNL ripropone il divieto di attribuzione dei compensi in modo generalizzato ed automatico a tutti i dipendenti e l’obbligo di adottare il "Sistema permanente di valutazione", documento che dovrebbe fissare parametri e criteri per la valutazione a cui ciascun dirigente dovrebbe attenersi per "pesare" l’attività dei lavoratori.

Sappiamo bene che in materia di "valutazione" non esistono criteri e parametri che possano essere definiti "oggettivi" ed è pertanto estremamente difficile costruire un documento che possa fornire garanzie contro l’abuso dei dirigenti nei confronti dei lavoratori. Dalla valutazione dei "carichi di lavoro" alla tanto attuale "valutazione delle competenze", per non parlare della "valutazione dei risultati", nessuno ha ancora scoperto la formula perfetta (almeno dal nostro punto di vista). Altrettanto difficile è la gestione di conciliazioni e ricorsi in tale ambito.

Questo per quanto riguarda la gestione dei cosiddetti "Piani di miglioramento generali" e la relativa attribuzione di compensi.

Altrettanto negativa l’esperienza dei "Progetti" specifici di singole strutture organizzative degli Enti (Direzioni, Settori Servizi, ecc.) da cui sono state spesso escluse le categorie di lavoratori più deboli (qualifiche basse, lavoratori prossimi all’età pensionabile o con problemi di salute, personali, familiari ecc.).

Come abbiamo già detto, non si può più parlare di premi di produttività, tanto più se legati a valutazioni soggettive dei dirigenti; bisognerà quindi impedire che si attivino i sistemi di valutazione. Questo in via prioritaria.

Comunque si tenga conto che eventuali sistemi debbono tener conto che gli unici elementi oggettivi di valutazione sono l'anzianità e la presenza in servizio, escludendo da questa le assenze comunque considerate a tutti gli effetti come trascorse in servizio (malattia, infortunio, permessi sindacali, ecc.).

Per quanto riguarda le quote individuali di produttività vale il principio che "indietro non si torna", cioè le somme già percepite negli anni precedenti in maniera fissa e continuativa debbono essere storicizzate e quindi sono necessarie "risorse aggiuntive" per incrementare il fondo e necessarie per attivare questo istituto.

In ogni caso è necessario fissare quanti più possibili elementi di trasparenza e verifica (pubblicità delle graduatorie e delle motivazioni, firma per presa visione di tutte le valutazioni effettuate a qualsiasi titolo e rilascio di copia al lavoratore, possibilità di contestazione e conciliazione). E' utile che il dirigente, a fronte di una valutazione negativa, o scarsa, oltre alla puntuale motivazione (che non può essere il voto) dia esplicite indicazioni per correggere tale situazione. In sostanza, non bisogna accettare pagelline fatte di numeretti o lettere.

Altro strumento che possiamo mettere in campo è l'attivazione di una procedura di valutazione dei dirigenti fatta dai lavoratori; si possono fare campagne tipo "valutiamo i valutatori" o "diamo le pagelline anche ai dirigenti"; anche questi diventano strumenti di pressione che producono trasparenza.

 

Tempi di contrattazione e altri istituti

E’ evidente che più saranno brevi i tempi di contrattazione e di stipula del CCDI e prima i lavoratori potranno godere dei benefici economici e giuridici. Ma la definizione dell’utilizzo del fondo e delle progressioni verticali non esaurisce di certo la materia contrattuale.

Bisognerà evitare però che la discussione su altri temi (anche importanti) ritardi o impedisca la conclusione e l’applicazione del CCDI.

L’indicazione è quella di individuare gli altri istituti contrattuali, stabilirne i principi generali e rinviarne la definizione ad una contrattazione da attivare subito dopo la conclusione del CCDI.

Alcuni importanti istituti attraverso i quali è possibile migliorare le condizioni di lavoro sono:

Formazione: la riqualificazione di tutto il personale resta prioritaria sia per la qualità dei servizi erogati che per la garanzia dei posti di lavoro, e può essere uno dei parametri da utilizzare nelle progressioni. Questo è vero a condizione che la formazione sia accessibile da tutto il personale, a cominciare dalle basse qualifiche per le quali abbiamo previsto un prioritario svuotamento verso le cat.C e D;

Buoni Pasto: esistono ancora situazioni estremamente differenziate fra gli enti, da quelli dove non viene proprio erogato a quelli dove si arriva a cifre sufficienti (oltre i 10 euro). C’è da rilevare anche l’assurdità della tassazione dei buoni pasto che dovrà essere oggetto di un intervento nazionale di pubblico impiego e la difficoltà nell’utilizzo dei buoni legati alla scorrettezza delle società che gestiscono il servizio. L’ideale sarebbe che, una volta definito l’importo del buono pasto (che non dovrà essere inferiore ai 10-15 euro), questo venga messo in pagamento nello stipendio come indennità di mensa o simile.

Riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore: questo istituto era già presente nell’art.22 del CCNL 1.4.99 e già era indicato nella nostra precedente piattaforma di integrativo. Riteniamo utile, per gli enti in cui non fosse stato attivato; riportare sia l’articolo del CCNL indicato che la nostra proposta in merito.
CCNL 1.4.99, ART. 22 - Riduzione di orario
1. Al personale adibito a regimi di orario articolato in più turni o secondo una programmazione plurisettimanale, ai sensi dell’art. 17, comma 4, lett. b) e c), del CCNL del 6.7.1995, finalizzati al miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle attività istituzionali ed in particolare all’ampliamento dei servizi all’utenza, è applicata, a decorrere dalla data di entrata in vigore del contratto collettivo decentrato integrativo, una riduzione di orario fino a raggiungere le 35 ore medie settimanali. I maggiori oneri derivanti dall’applicazione del presente articolo devono essere fronteggiati con proporzionali riduzioni del lavoro straordinario, oppure con stabili modifiche degli assetti organizzativi.
2. I servizi di controllo interno o i nuclei di valutazione, nell’ambito delle competenze loro attribuite dall’art. 20 del D. Lgs. 29/93, verificano che i comportamenti degli enti siano coerenti con gli impegni assunti ai sensi del comma 1, segnalando eventuali situazioni di scostamento.
3. La articolazione delle tipologie dell’orario di lavoro secondo quanto previsto dal CCNL del 6.7.1995 è determinata dagli enti previo espletamento delle procedure di contrattazione di cui all’art. 4.
4. Le parti si impegnano a riesaminare la disciplina del presente articolo alla luce di eventuali modifiche legislative riguardanti la materia.
Ns.proposta di articolato: Art.XXX - Articolazione dell'orario di lavoro

1 Al fine di garantire una apertura dei servizi e degli uffici compatibile con gli orari della città e con le esigenze dei cittadini, l'orario di lavoro del personale in servizio dovrà essere articolato su turnazioni o calendari di lavoro plurisettimanali o annuali nel seguente modo:

1.1 ove il servizio richieda una copertura di 11 o più ore giornaliere il dirigente, entro 60 giorni dalla data di stipula del presente contratto integrativo, provvede ad istituire due o più turni giornalieri, sentite le RSU i lavoratori interessati;

1.2 negli altri casi il dirigente, entro 60 giorni dalla data di stipula del presente contratto integrativo, provvede ad articolare l'orario in calendari plurisettimanali o annuali ai sensi dell'art.17, comma 4, lett.b), del CCNL del 6.7.95, sentite le RSU e i lavoratori interessati.

2 Per documentate esigenze dei lavoratori e del servizio, previo confronto in sede trattante, può prevedersi diversa articolazione dell'orario.
Art.XXX - Riduzione di orario

1. In attuazione dell'art.22 del CCNL 1.4.99, a decorrere dalla data di stipula del presente contratto integrativo, l'orario di lavoro è ridotto a 35 ore settimanali per il personale:

1.1 che effettua orario articolato in più turni per l'erogazione di servizi per almeno 11 ore giornaliere su base almeno settimanale, ai sensi dell'art.13 DPR.268/87;

1.2 che effettua orario plurisettimanale, con programmazione di calendari di lavoro plurisettimanali o annuali con orari superiori o inferiori alle 36 ore settimanali nel rispetto del monte ore complessivo in relazione al periodo di riferimento, ai sensi dell'art.17, comma 4, lett.b), del CCNL del 6.7.95.

Contributi per la mobilità del personale: intendendo con mobilità l’utilizzo dei mezzi pubblici da e per il luogo di lavoro. Come già fatto in alcuni enti, è possibile prevedere il contributo dell’ammistrazione per i costi degli abbonamenti ai mezzi pubblici (alla Provincia di Genova 250€ su 285€) in base al Decreto del Ministero dell’Ambiente 27/3/1998 "Mobilità sostenibile nelle aree Urbane" che da la possibilità agli Enti di favorire l’uso del mezzo pubblico rimborsando parte dell’abbonamento annuale.

Sponsorizzazioni: si ricorda che fino al 30% degli introiti provenienti da sponsorizzazioni va nel Fondo come indicato al comma 4 dell’Art.43 della Legge 27 dicembre 1997, n. 449 "Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica", che riportiamo:

Art. 43 - Contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, convenzioni con soggetti pubblici o privati, contributi dell'utenza per i servizi pubblici non essenziali e misure di incentivazione della produttività

1. Al fine di favorire l'innovazione dell'organizzazione amministrativa e di realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, le pubbliche amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile.

2. Le iniziative di cui al comma 1 devono essere dirette al perseguimento di interessi pubblici, devono escludere forme di conflitto di interesse tra l'attività pubblica e quella privata e devono comportare risparmi di spesa rispetto agli stanziamenti disposti. Per le sole amministrazioni dello Stato una quota dei risparmi così ottenuti, pari al 5 per cento, è destinata ad incrementare gli stanziamenti diretti alla retribuzione di risultato dei dirigenti appartenenti al centro di responsabilità che ha operato il risparmio; una quota pari al 65 per cento resta nelle disponibilità di bilancio della amministrazione. Tali quote sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, per le predette finalità, con decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. La rimanente somma costituisce economia di bilancio. La presente disposizione non si applica nei casi in cui le sponsorizzazioni e gli accordi di collaborazione sono diretti a finanziare interventi, servizi o attività non inseriti nei programmi di spesa ordinari. Continuano, inoltre, ad applicarsi le particolari disposizioni in tema di sponsorizzazioni ed accordi con i privati relative alle amministrazioni dei beni culturali ed ambientali e dello spettacolo, nonché ogni altra disposizione speciale in materia.

3. Ai fini di cui al comma 1 le amministrazioni pubbliche possono stipulare convenzioni con soggetti pubblici o privati dirette a fornire, a titolo oneroso, consulenze o servizi aggiuntivi rispetto a quelli ordinari. Il 50 per cento dei ricavi netti, dedotti tutti i costi, ivi comprese le spese di personale, costituisce economia di bilancio. Le disposizioni attuative del presente comma, che non si applica alle amministrazioni dei beni culturali ed ambientali e dello spettacolo, sono definite ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

4. Con uno o più regolamenti, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le pubbliche amministrazioni individuano le prestazioni, non rientranti tra i servizi pubblici essenziali o non espletate a garanzia di diritti fondamentali, per le quali richiedere un contributo da parte dell'utente, e l'ammontare del contributo richiesto. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, il regolamento è emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Per tali amministrazioni gli introiti sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, in misura non superiore al 30 per cento, alla corrispondente unità previsionale di base del bilancio per incrementare le risorse relative all'incentivazione della produttività del personale e della retribuzione di risultato dei dirigenti assegnati ai centri di responsabilità che hanno effettuato la prestazione.

5. A decorrere dall'esercizio finanziario 1998, i titolari dei centri di responsabilità amministrativa definiscono obiettivi di risparmi di gestione da conseguire in ciascun esercizio ed accantonano, nel corso della gestione, una quota delle previsioni iniziali delle spese di parte corrente, sia in termini di competenza che di cassa, aventi natura non obbligatoria, non inferiore al 2 per cento. La metà degli importi costituisce economia di bilancio; le rimanenti somme sono destinate, nell'ambito della medesima unità previsionale di base di bilancio, ad incrementare le risorse relative all'incentivazione della produttività del personale e della retribuzione di risultato dei dirigenti, come disciplinate dalla contrattazione di comparto. Per l'amministrazione dei beni culturali e ambientali l'importo che costituisce economia di bilancio è pari allo 0,50 per cento della quota accantonata ai sensi del presente comma; l'importo residuo è destinato ad incrementare le risorse relative all'incentivazione della produttività del personale tecnico e le retribuzioni di risultato del personale dirigente della medesima amministrazione.

6. Per il Ministero della difesa, le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano alle spese di cui alle unità previsionali di base "ammodernamento e rinnovamento" (funzionamento), nonché alle spese, specificamente afferenti alle infrastrutture multinazionali NATO, di cui alla unità previsionale di base "accordi ed organismi internazionali" (interventi), di pertinenza del centro di responsabilità "Bilancio e affari finanziari".

Per le Amministrazioni di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le risorse di cui ai commi 2, 4 e 5 destinate all'incentivazione della produttività ed alla retribuzione di risultato sono altresì destinate, nelle misure e con le modalità determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri interessati, in analogia alle ripartizioni operate per il personale del "comparto Ministeri", ad incrementare le somme accantonate per dare attuazione alle procedure di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, ed all'articolo 2 della legge 2 ottobre 1997, n. 334.

E’ inoltre possibile prevedere ulteriori e migliori condizioni per specifiche situazioni come ad esempio le indennità di disagio, il part-time, l’istituto della maternità, la tutela delle persone con handicap, ecc.

Un altro aspetto che solitamente viene utilizzato in maniera coercitiva, e sul quale l’azione sindacale può effettivamente esercitare una valenza operativa, concerne la MOBILITA’ INTERNA.

A questo riguardo si riporta un articolo, da inserire nei decentrati, in base al quale viene fortemente motivata la mobilità volontaria in luogo di quella subita dal dipendente

Art.XXX - Mobilità interna

Al fine di utilizzare al meglio le risorse umane disponibili ed avere personale altamente motivato, si conviene quanto segue:

a) all’interno di ciascuna categoria vanno assecondate le mobilità a richiesta del dipendente, escluse quelle verso profili professionali che richiedono specifici titoli abilitanti;

b) nel caso di posti di nuova istituzione o comunque resisi vacanti, si effettuerà una ricerca verso il personale dipendente avente i titoli per il posto in questione, tesa a verificare l’interesse dello stesso alla copertura del posto medesimo;

c) nel caso in cui vi siano più domande per uno stesso posto, a parità di titoli, si provvederà a stilare graduatoria che tenga conto di:

· valutazione della professionalità

· anzianità di servizio nella posizione economica (ex qualifica e profilo);

· altri criteri previsti dalla normativa vigente.

Il dipendente, che abbia già fruito di tale istituto nell’ultimo triennio, sarà posto alla fine dell’eventuale graduatoria.

Non sono ammesse mobilità che siano definite con ordine di servizio privo di un termine di preavviso di almeno 30 giorni.

Tutte le mobilità richieste dall’Amministrazione devono essere motivate in relazione alle competenze specifiche richieste ed alle peculiari qualità di cui sarebbe dotato il personale individuato.

Anche nella gestione del personale da parte dei dirigenti, qualora non sussistano altre valide motivazioni, l’utilizzo del personale che richiede trasferimenti e mutamenti di posizioni di lavoro si attuerà secondo logiche gestionali che tengono conto dei criteri menzionati, dando priorità alla preventiva ricerca di consenzienti al trasferimento, ai precedenti servizi svolti, ai titoli di studio, specializzazioni e qualificazioni professionali, alle esigenze personali, all’anzianità relativa all’ex qualifica e profilo ed all’anzianità di servizio.

PRECARIATO

Anche se il CCDI non è il momento esatto in cui affrontare il tema del precariato negli enti, sarà bene tener conto di questo problema che dovrà senz’altro essere al più presto oggetto di successiva contrattazione.

Il problema dei lavoratori precari negli Enti locali ha radici profonde ed oggi questi sono presenti quasi dappertutto, anche se con modalità e contratti diversi, e comunque con il passare del tempo hanno assunto anche numericamente una importante consistenza.

Negli ultimi anni accanto ai cosiddetti non di ruolo (tempo determinato) si sono affiancati, sia con l’introduzione di nuove forme di lavoro (anche prima della legge Biagi) sia con l’esternalizzazione dei servizi, in particolare quelli alla persona (assistenza agli anziani, all’infanzia ecc), nuove figure di lavoratori quali le collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.), i lavoratori delle cooperative sociali ed ultimi i lavoratori interinali.

Se da un lato, i vecchi lavoratori non di ruolo, sia pur nella precarietà, godevano di fatto di quasi tutti i diritti dei lavoratori a tempo indeterminato in quanto si applicava comunque loro il contratto degli enti locali, le nuove non godono di nessuno dei diritti che a noi vengono riconosciuti.

Le co.co.co. ne sono il classico esempio, anche se su queste vanno fatti dei distinguo, infatti esistono co.co.co. da cinquanta -centomila euro l’anno (le consulenze affidate agli amici degli amici) che non vivono affatto il problema della precarietà; il problema si pone invece per coloro che invece sono sottopagati (anche se in una prima fase anche questi si credevano liberi professionisti) e non godono di diritto alcuno, come il riconoscimento della malattia, della maternità ecc., anche se di fatto svolgono un lavoro dipendente in tutto e per tutto.

Lo stesso dicasi per i lavoratori delle cooperative (in particolare nel settore dell’assistenza e delle pulizie) che lavorano assai spesso svolgendo le stesse mansioni dei dipendenti degli enti locali, ma percependo salari inferiori ai loro colleghi fino anche alla metà di quanto percepito da un dipendente di ruolo.

Affrontare questo tema significa innanzi tutto una presenza e controllo sugli appalti impedendo o limitando l’affidamento dei servizi all’esterno o con personale assunto con contratti atipici; comunque deve essere garantito che a parità di mansioni ci sia parità di salario, rivendicando inoltre parità di diritti sindacali, di condizioni di lavoro, di diritto alla formazione.

Per quanto riguarda poi questi lavoratori già presenti negli enti, va aperto immediatamente un forte confronto con le amministrazioni, per prevedere la trasformazione di questi contratti a tempo indeterminato attraverso l’assunzione diretta e comunque, in subordine, per ottenere a parità di mansioni parità di salario, di diritti sindacali, di condizioni di lavoro, formazione.

Roma, primavera 2004