Enti Locali. CHI SCIOPERA IL 18…
In allegato il volantino
Non si è già rassegnato al compromesso al ribasso che gli viene offerto dal sindacalismo di facciata e combatte assieme al sindacalismo di base.
Non crede ai richiami alla stabilità invocati dai governi delle larghe intese utili solo alla conservazione della classe politica che li ha generati.
Non ha supinamente introiettato gli slogan dei centri di potere politico e finanziario nostrani e internazionali: “ce lo chiede l’Europa; abbiamo bisogno di stabilità; occorre adottare una politica di spending review; occorre bloccare i contratti pubblici, etc.”, ma ha invece idea che di europeo dovremmo avere i salari.
Non si è fatto convincere dagli anatemi di Ichino e Brunetta che considerano i lavoratori e le lavoratrici pubbliche dei fannulloni, ma pensa che siano proprio loro e i loro fautori, un peso sociale insostenibile.
Non accetta la politica riformatrice che azzera la democrazia a colpi di decretazione d’urgenza e cancella le Province, ma vorrebbe poter giudicare con il voto coloro che ci governano.
Non si è fatto persuadere dagli alti burocrati dello Stato – oltretutto lautamente remunerati – di essere un peso per la società e pensa invece di essere una risorsa.
Non pensa che privatizzare ed esternalizzare servizi pubblici sia la strada per portare benefici alla collettività, ma un modo solo per arricchire pochi con le risorse di molti, anche a causa della riforma del titolo V della Costituzione approvata nel 2001.
Non tollera che nella pubblica amministrazione si perseveri nell’ inseguire una politica di tagli che lascia del tutto inalterati i privilegi, minimamente o per nulla scalfiti dalla politica del risparmio a tutti i costi, e che anzi incide solo su piccole, ma pesantissime riduzioni delle nostre buste – paga, lasciando sprechi e retribuzioni galattiche per le strutture politiche e l’alta dirigenza.
Ma nel comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali c’è una ragione in più per scioperare costituita dalla ferma opposizione ai disegni di legge, costituzionale ed ordinario, presentati dal governo Letta, con cui si vorrebbero cancellare le Province, accorpare i piccoli Comuni e istituire le Città Metropolitane. Si tratta di una riforma sciatta e volgare imposta dalla Banca Centrale Europea e accettata da cisl, uil, cgil e confindustria. Una riforma che costerà moltissimo in termini di diritti e di retribuzioni, ma di cui persino i lavoratori delle province in via d’estinzione, faticano a comprenderne i contorni, immaginando radiose prospettive o negli ente Regione o nelle Città Metropolitane: nulla di tutto questo!
Questa l’amara medicina: tutte le Autonomie Locali, Regioni comprese, dovranno continuare a tagliare e poiché il grasso (se c’era) è stato già tagliato, restano da tagliare solo i posti di lavoro utilizzando le ricette volute da Tremonti–Berlusconi, Monti–Grilli–Bondi, e infine Letta–Delrio–Saccomanni (dalla cassa integrazione al vero e proprio licenziamento). Chi desidera opporsi ai governi delle larghe intese e provare a cambiare le regole del gioco è atteso il