Enti locali: dal Governo sempre meno servizi per finanziare economia di guerra e hi-tech, il 13 dicembre è sciopero generale
Le cifre sono chiare: il taglio dei trasferimenti agli enti locali sarà 3,50 miliardi per il triennio 2025-2029 più altri 5 miliardi per dal 2030 al 2037. A questi si aggiungono a quelli previsti dalla precedente finanziaria.
Tagli pesantissimi e strutturali che sanciscono una ripresa feroce delle politiche di austerity che questo governo sta portando avanti e che avranno conseguenze dirette nella vita della popolazione.
A rischio ci sono le erogazioni dei servizi e delle prestazioni essenziali sui territori, la tenuta della macchina amministrativa degli enti e, per i comuni medio piccoli, lo spettro del dissesto di bilancio.
Questo significa che a pagare il conto saranno i cittadini e il personale degli enti locali.
La stessa legge di bilancio prevede per il 2025 il ritorno del blocco del turnover, solo 3 assunzioni possono essere fatte ogni 4 pensionamenti o dimissioni.
Il settore delle funzioni locali, già pesantemente ridimensionato in termini di personale dal precedente blocco delle assunzioni, sta scontato anche la scarsa attrattività dal punto di vista salariale che sta determinando la fuga dei dipendenti verso altri settori della pubblica amministrazione con stipendi, prospettive di carriera e benefit migliori. Uno svuotamento inesorabile del settore che si traduce in maggiori carichi di lavoro per chi rimane e aumento della precarietà.
Il richiamo inoltre agli enti territoriali da parte del Governo di potenziare gli interventi per i cantieri e i progetti del PNRR e le ultime dichiarazioni di Zangrillo che intende reclutare “talenti hi-tech” direttamente negli ITS Academy (percorsi formativi cogestiti da pubblico e privato), ci dicono che i piani assunzioni, già ridotti per il blocco del turnover e per i vincoli di bilancio, prevedranno figure professionali tecniche a discapito del personale scolastico educativo, assistenti sociali, amministrativi, ecc. Preoccupa inoltre, nonostante le rassicurazioni, l’intenzione di introdurre organicamente l’intelligenza artificiale nei servizi al cittadino e nel lavoro quotidiano.
Ed è facile prevedere che nei prossimi anni avremo infrastrutture finanziate dal PNRR, come ad esempio asili nido, ma non personale pubblico per poterli tenere aperti. Quindi servizi pronti per essere privatizzati.
Sul fronte del rinnovo del contratto delle funzioni locali, la trattativa all’ARAN prosegue: gli aumenti, in linea con il contratto delle Funzioni Centrali, 5,78% a fronte di un’inflazione nel triennio di riferimento di più del 16% con una perdita secca del 10%, l’Aran ha proposto di mettere in tabellare il 94% che si traduce, una volta decurtata la quota già erogata come anticipo, in un aumento di circa 52 € per gli operatori fino a 70 € per i funzionari.
Il restante 6%, circa 8 € mensili, andranno nel fondo del salario accessorio.
Viene previsto, a carico del fondo, l’aumento del tetto per le PO che passa da 18.000 € a 22.000 €.
È evidente che non ci saranno risorse per poter fare le progressioni economiche o finanziare altri istituti contrattuali.
Viene prevista la proroga a tutto il 2026 della norma di prima applicazione che prevede la progressione fra aree in deroga, ma senza ulteriori finanziamenti rimarrà un miraggio per la maggior parte quei dipendenti che da anni svolgono mansioni superiori senza nessun riconoscimento dell’esperienza e della professionalità maturata.
Come rimarranno sulla carta le proposte di articolare la settimana lavorativa su 4 giorni e il superamento della prevalenza dello Smart Working visto il combinato disposto di carenza di personale, tipologia dei servizi erogati e discrezionalità dell’amministrazione.
Il Governo Meloni taglia i finanziamenti dei servizi pubblici con la conseguente crescita delle diseguaglianze e il peggioramento delle condizioni di vita dei cittadini. Taglia inoltre di fatto gli stipendi dei dipendenti pubblici, non coprendo neanche la perdita del potere d’acquisto determinato dall’alta inflazione, e finanzia, in piena logica di economia di guerra, le spese militari.
Il 13 dicembre USB ha indetto uno sciopero generale contro il governo Meloni e le scelte politiche ed economiche di una legge di bilancio fortemente classista che risponde agli interessi delle imprese e penalizza lavoratori, lavoratrici e pensionati.
Invece di mettere in campo una vera lotta all’evasione fiscale si accontenta di ridicoli “concordati fiscali” che mettono al sicuro da controlli fiscali, invece di tassare gli extraprofitti delle banche e delle aziende energetiche che in questi anni hanno macinato utili e staccato dividendi favolosi per gli azionisti ci si accontenta di chiedere un prestito alle banche che dovrà essere restituito.
L’unico baluardo a difesa dei servizi pubblici rimangono i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego che hanno ben capito che alla lotta per ottenere salari dignitosi bisogna affiancare la difesa della loro funzione sociale.
Con questi obiettivi sciopereremo e saremo in piazza il 13 dicembre.