Enti Locali. DECENTRATI E DECENTRAMENTO

In allegato il volantino

Nazionale -

Dopo un ventennio trascorso a esaltare le virtú taumaturgiche del decentramento (anni 80 e 90) e un decennio trascorso a capire come questo potesse funzionare, il pilota automatico ha innestato la marcia indietro.


Il percorso a ritroso é iniziato prima, ma lo spartiacque é certamente dato dalla lettera che Trichet e Draghi trasmisero al Governo Italiano il 5 Agosto del 2011.


Miracolosamente, da quel momento in poi, si sono moltiplicate le indagini a carico degli amministratori locali pizzicati nelle piú svariate e sconsiderate spese, personali o meno, a danno dell'erario.


Fino ad allora qualche politico era finito nel sacco, ma si trattava di casi di scarso rilievo o comunque che venivano messi rapidamente a tacere. Dopo il 2011 il reiterato e costante uso di risorse pubbliche per fini personali é diventato sistema. Almeno per le cronache!


Possibile che la magistratura contabile non si accorgesse di nulla fino a quel momento?


Possibile che nessuna istituzione, nessuna forza politica, nessun magistrato si accorgesse, oltre che delle spese folli, anche del vasto intreccio di relazioni che determinava assunzioni clientelari, contratti da capogiro per una dirigenza asservita e incapace, società create ad hoc per garantire posti di potere e di comando ai propri scherani?


Tutto questo mentre il personale pubblico - e quello degli enti locali in particolare, poiché strettamente a ridosso di quella stessa politica - subiva gli attacchi mediatici da destra e da sinistra, tali da fomentare l'odio dei cittadini nei propri riguardi, con il tacito consenso di quei simil sindacati che supinamente hanno condiviso la Brunettacrazia, l'assenza di contratti nazionali, l'azzeramento delle assunzioni e la rinnovata tendenza alla precarizzazione del lavoro, così come la progressiva esternalizzazione di servizi pubblici considerata come inevitabile.


Il percorso di demolizione, avviato lanciando il falso messaggio dell'attacco agli sprechi evidentemente era ancora troppo lento e allora, in nome della spending review, si decide di chiudere le Province, in barba al dettato costituzionale e ipotizzando la dissoluzione delle competenze e del personale: e senza costi!


Su questo deciso attacco al semi-federalismo, introdotto in Costituzione nel 2001, si é innestato a quel punto un feroce sistema repressivo ottenuto sguinzagliando gli ispettori del MEF a fare le pulci sulla contrattazione degli ultimi dieci anni e mettendo in discussione progressioni economiche, indennità e produttività, oltretutto lasciando intendere una stretta correlazione con i dissesti finanziari di molti di questi enti (seppure tutta da dimostrare).


Su tutte le ispezioni spiccano i casi del Comune di Firenze dove – in sostanza – si è voluto individuare un disegno criminoso per il solo fatto di aver contrattato a vantaggio del personale e in Regione Lazio dove sono state rimesse in discussione le stabilizzazioni o i contratti a tempo determinato per i lavoratori ex LSU.


Ma a decine fioccano le ispezioni e la vacuità tanto degli amministratori locali, che di cgil, cisl e uil che accettarono – con gli accordi del ’93 – la natura privatistica dei contratti nazionali di lavoro (sino ad allora regolamentati con DPR).


Allo stato attuale USB ritiene necessario un provvedimento che sancisca la piena legittimità di quei contratti sottoscritti in sede locale e già sottoposti al vaglio dei revisori dei conti, degli amministratori e dell’A.Ra.N., che nessuna ispezione ha inteso tirare in ballo.

Ma ancora più urgente è un deciso cambio di passo che faccia ripartire la contrattazione nazionale e che riporti risorse economiche vere per aumentare le retribuzioni base, che storicizzi il salario accessorio, che salti a pie’ pari la stagione del brunettismo, a partire proprio da quelle amministrazioni oggi messe sulla graticola o per i contratti decentrati, o per i dissesti economici.