FUNZIONI LOCALI: DALLA PEREQUAZIONE DEI SALARI DEI DIPENDENTI PUBBLICI ALL’ARMA SPUNTATA DEL SALARIO MINIMO A 9 EURO L’ORA PER GLI APPALTI

Roma -

FUNZIONI LOCALI: DALLA PEREQUAZIONE DEI SALARI DEI DIPENDENTI PUBBLICI ALL’ARMA SPUNTATA DEL SALARIO MINIMO A 9 EURO L’ORA PER GLI APPALTI

 

In alcuni Enti locali italiani, tra i quali recentemente il Comune di Genova, sono state adottate misure di tutela per garantire un salario minimo di 9 euro all'ora per le lavoratrici e i lavoratori impiegati negli appalti comunali.

 

I dipendenti di aziende a cui vengono appaltati servizi relativi a lavori e forniture, come addetti alle pulizie, sorveglianza, portierato e fattorinaggio, secondo le amministrazioni di questi Enti, dovrebbero beneficiarne.

 

Resta fermo il fatto che la competenza sui salari è e rimane nazionale, come specificato da Sindaci e Presidenti degli stessi Enti nei quali sono state adottate queste misure.

 

Infatti, di norma nelle delibere viene specificato che il contratto collettivo nazionale applicato dovrà essere quello stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative. Ma sono questi stessi contratti che non raggiungono la soglia di 9 euro l’ora lordi. Inoltre, indipendentemente dal contratto applicato, poco o niente può l’Ente sulle variabili che determinato le paghe da fame, come il part time involontario, ampiamente diffuso.

 

Nessun Ente Locale, alla prova dei fatti, può imporre un salario minimo nei bandi di gara propri o dei suoi enti ed organismi strumentali, dove si deve scegliere e fare riferimento ad un contratto nazionale o al combinato disposto di una legge e ad un contratto nazionale.

 

Quella che a prima vista potrebbe sembrare una buona notizia, in realtà dimostra tutta la sua inefficacia, sia per l’inadeguatezza al costo della vita di un salario di 9 euro lordi l’ora, per giunta neanche indicizzato, sia per almeno altri due ordini di ragioni profonde e mai risolte:

  1. il fenomeno di moderazione salariale degli ultimi decenni accolto anche da CGIL, CISL UIL, che ha riguardato tanto il settore pubblico che quello privato

  2. le privatizzazioni ed esternalizzazioni di beni e servizi che ha prodotto lavoro sottopagato e precario

     

Su questo ultimo punto è necessario soffermarsi perché “chi non ha memoria non ha futuro”.

 

Sul settore delle autonomie locali si è scatenata negli anni la furia devastatrice del Governo da una parte e degli amministratori locali dall’altra.

Una ristrutturazione capitalistica in cui il Governo ha agito sulla riforma del Titolo V della Costituzione, sull’introduzione del pareggio di bilancio per tutti i Enti pubblici a qualsiasi livello, sulla “riforma” delle Province (legge Delrio), sul taglio della spesa per il personale ai Comuni, passando per le privatizzazioni della cosiddetta riforma Madia, con al centro l’attacco alle aziende partecipate che con i decreti attuativi sono state per la maggior parte riviste, ridotte, liquidate.

Le Amministrazioni locali, dal canto loro, hanno regalato al privato (e quindi trasformato in merce) centralini, portierati, musei, biblioteche, servizi educativi all’infanzia, manutenzione delle strade, vigilanza, servizi come acqua e rifiuti, trasposto pubblico locale, ecc...

 

Ed ecco il paradosso: gli amministratori locali da un lato hanno potuto e possono decidere privatizzazioni ed esternalizzazioni di servizi pubblici, creando lavoro povero, dall’altro però non possono assumere decisioni sui salari efficaci più di tanto, semplicemente perché non è di loro competenza.

 

Quando la frittata è fatta ...

 

Nel frattempo, come abbiamo più volte espresso, all’interno del processo complessivo della moderazione salariale, gli stipendi dei dipendenti delle funzioni locali sono tra i più bassi nell’ambito del pubblico impiego, con salari molto variabili a seconda degli enti (per effetto della variabilità del fondo e quindi del salario accessorio), a volte accettabili, a volte davvero da fame.

 

È per questo motivo che USB ha ritenuto necessario avviare la campagna di perequazione dei salari, con fondi che dovranno essere stanziati dal governo e non dalle amministrazioni, per adeguarli almeno al livello degli altri settori della pubblica amministrazione.

 

Partendo da questo punto di vista, ne deriva che la lotta per la perequazione dei salari delle funzioni locali, fatto ormai acquisito, deve necessariamente convergere con quella del lavoro povero nei servizi dati in appalto.

 

È infatti necessario affrontare il problema considerando tutto l’insieme del lavoro pubblico, indipendentemente dal fatto che il contratto applicato ricada nel pubblico e nel privato, in considerazione del fatto che anche la contrattualizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego è ormai di tipo privatistico.

 

L’USB PI Funzioni Locali crede che questo settore possa rendere evidente che è possibile avere servizi pubblici efficaci, coniugati a tutela dell’ambiente, buona occupazione e diritti, sfidando l’attuale economia di guerra.

 

L’USB PI Funzioni Locali ha le capacità di mettere in rete ed intensificare i rapporti fra cittadini utenti e lavoratori/lavoratrici dei settori pubblici e appaltati.


Solo presidiando, territorio per territorio, i servizi pubblici locali, intervenendo nelle scelte delle amministrazioni sulla loro riorganizzazione, utilizzando un ampio ventaglio di strumenti, che vanno dall’organizzazione di momenti di approfondimento alle iniziative di lotta a difesa del patrimonio pubblico, possiamo invertire la rotta. Compreso l’obiettivo di reinternalizzazione dei servizi.

 

Infine, la sindaca di Genova e della omonima Città Metropolitana Silvia Salis, ha convocato per il 17 settembre prossimo i sindaci delle principali città italiane (Napoli a Bologna, Milano, Torino e Roma) per una conferenza delle Città metropolitane che verterà su molti temi cruciali, compresi i bilanci in sofferenza.

 

USB PI Funzioni Locali seguirà con interesse questo incontro, facendo sentire anche la propria voce e quella delle lavoratrici e dei lavoratori.

 

USB PI Funzioni Locali