Provincia di Roma. In (s)vendita gli immobili
Nonostante la forte opposizione dei dipendenti dell’amministrazione provinciale coordinati da USB e dagli altri sindacati delle Rappresentanze Unitarie, il Consiglio Provinciale approva la vendita degli edifici di pregio della Provincia di Roma
Approvata in Consiglio Provinciale la discutibile delibera che mette in vendita edifici di pregio della Provincia di Roma, come quelli situati a Piazza Belli (edificio storico di enorme valore artistico a due passi dal rione Trastevere che sarà ceduto in permuta per la risibile cifra di circa otto milioni di euro), a via di Villa Pamphili (con giardini interni, parcheggio per i dipendenti, asilo nido e vista mozzafiato su tutta Roma), a piazza San Lorenzo in Lucina e ad altri immobili in luoghi storici di Roma, per raggranellare risorse da spendere nell’acquisto della Sede Unica del Torrino, in una delle torri costruita da Parsitalia dei costruttori Parnasi ( a cui è subentranta la BNP Paribas).
Si andrà prima in affitto ( a € 5.400 mq!) e poi si procederà all’acquisto del nuovo immobile per un costo complessivo di oltre 260 milioni di euro in parte compensati, per l’appunto vendendo beni immobiliari di prestigio della Provincia di Roma. Si ipotizza che verrà stipulato un mutuo di 100 milioni di euro per compensare le risorse mancanti.
E tutto questo, secondo la strana visione del Presidente della Provincia di Roma Luca Zingaretti, per razionalizzare ed “efficientare” l’ente, andando incontro all’esigenze dell’utenza che però dovrà attraversare tutta Roma per raggiungere la nuova sede, dove saranno concentrati la maggior parte dei servizi solo per sbrigare qualche pratica in più.
Oltre all’evidente e palese impatto ambientale e di traffico che questa operazione avrà su un quadrante (alla faccia dei protocolli ambientali di Kioto tanto sbandierati dal Presidente della Provincia), quello della zona Eur-Pontina, già pesantemente congestionato dal traffico, non si è tenuto in minima considerazione della forte mobilitazione dei dipendenti della Provincia di Roma che, attraverso il coordinamento di USB e degli altri sindacati delle Rappresentanze Unitarie (assente inspiegabilmente solo la CGIL), hanno manifestato più volte il loro dissenso nei riguardi di un operazione inutile, costosa e di facciata che rischia non solo di dissestare pesantemente le casse dell’ente, nonostante le rosee aspettative dell’Assessore al Bilancio Antonio Rosati, ma di aggravare l’efficacia e l’efficienza di un ente che, nonostante la carenza di strutture, di organico e di risorse, ha sempre cercato di offrire un reale servizio alla cittadinanza con professionalità e competenza.
Si tratta di denaro pubblico e di beni che, sempre secondo gli impiegati dell’amministrazione provinciale, andrebbero spesi per potenziare servizi quali la viabilità, le infrastrutture, l’assistenza sociale, i centri per l’impiego, le attività culturali (ridotte allo sbando dopo la riduzione dei fondi a disposizione) per migliorare le prestazioni del personale con politiche di formazione e di concreti riconoscimenti della produttività e della professionalità e per venire incontro alle vere esigenze dei cittadini e delle associazioni e non per procedere a vendite di beni pubblici per acquistare immobili di dubbia utilità, mal collegati alla rete dei trasporti urbani e che possono aggravare la già deficitaria immagine che gli enti locali hanno dinnanzi all’opinione pubblica, in quanto visti come luoghi di sperpero e di mal governo.
Inoltre in una situazione storica drammatica di tagli, di contenimento della spesa pubblica (si veda il blocco del rinnovo dei contratti fino al 2014 se non oltre) e di sacrifici, dove si sta ormai configurando come reale e concreta la sparizione degli enti intermedi quali per l’appunto la Provincia di Roma per andare a creare le Aree Metropolitane ( a cui del resto è sempre stato favorevole lo stesso presidente della Provincia Luca Zingaretti) non si capisce né il senso né l’opportunità di una deportazione di oltre 2000 dipendenti in un grattacielo così decentrato, senza la chiarezza dei servizi che si andranno effettivamente a svolgere e senza una visione d’insieme di più lungo respiro che coinvolga effettivamente i cittadini e gli impiegati in una decisione partecipata e condivisa, andando al di là degli egoismi politici e delle scelte unilaterali e corporative.