Roma. S.O.S. ASILI NIDO E MATERNE: BIDELLI, CUOCHI E PORTIERI NEL DELIRIO DELLA PRIVATIZZAZIONE

In allegato il volantino

Roma -

     Alla riapertura degli asili nido e delle scuole materne nessuna buona notizia. I tagli del personale e le compressioni dei servizi per via organizzativa continuano a produrre il disfacimento di quelli che sono stati i servizi educativi - scolastici presi a modello nel mondo.



     Sempre meno personale, su orari pensati per il risparmio, ma senza alcuna cura per la qualità dei servizi erogati. Dopo le insegnanti vengono al pettine i nodi relativi al personale “operaio” (bidelli, cuochi, portieri). L’amministrazione comunale, che ha perseguito in questi anni l’obiettivo di privatizzare o esternalizzare i servizi portando ad esaurimento il personale delle “basse” categorie, ora opera ulteriori tagli che mettono in crisi perfino le pulizie delle strutture che ospitano i bambini.



     I sindacati confederali hanno accompagnato da fedeli scudieri dell’amministrazione il cammino di privatizzazione con accordi che scelleratamente accettavano la messa in liquidazione di bidelli e operai. Hanno favorito la distruzione di un valore (quello del lavoro stabile e non precario, ricattato e supersfruttato) ed un interesse generale (quello della qualità dei servizi educativi), “vendendo” ai lavoratori interessati il vantaggio di rimanere a fare i bidelli senza fare più le pulizie.



     L’interesse dell’amministrazione era molto chiaro, far diventare “povero” un lavoro umile (per noi pieno di dignità e di contenuto). I lavoratori Multiservizi per un’ora di lavoro prendono tra 5 e 7 Euro (qualcuno si ingrassa sulla loro fatica quotidiana). Sono così resi molto deboli e ricattabili di fronte al nuovo  “padrone” e indeboliscono anche tutti gli altri. Come poteva un sindacato decente avallare tali scelte ?



     Vista la riduzione delle prestazioni della Multiservizi, l’assottigliarsi del personale operaio interno –  nel frattempo pensionato e spostato in altri servizi – i sindacati confederali e autonomi hanno ancora la faccia tosta di dire qualcosa? L’accordo del 7 Novembre 2006 che, per fare ingoiare i rospi, metteva sul piatto 2000 stabilizzazioni si rivela oggi per quel che era: un grimaldello per demolire i servizi scolastici pubblici. Altro che “un buon accordo non del tutto applicato” come balbettano oggi i confederali: fanno finta di non sapere che le carte le distribuisce e le “trucca” il Dipartimento.



     La demotivazione degli operatori del sistema educativo e dell’istruzione in Italia è evidentissimo. La volontà di distruzione del pubblico a vantaggio degli affari privati di “amici degli amici” è nota. A loro non importa se il risultato è la diminuzione di qualità, l’aumento dei costi per l’utenza, lo sfruttamento sempre più selvaggio dei lavoratori.



     Se la realtà è questa non vogliamo far parte del coro dei contapalle. La lotta per la difesa delle proprie condizioni di lavoro e di vita coincide con la difesa dei servizi e della loro qualità. L’illusione di portare a casa la pelle, dopo averne viste troppe, oltre ad essere un’illusione porta con se l’umiliante condizione di coloro che sono sconfitti non perché più deboli, ma perché hanno rinunciato a combattere per quello che è giusto.



     Per far fronte alla situazione che si è creata, con gli uffici municipali che organizzano i servizi ed il personale per la loro erogazione sull’orlo di una crisi di nervi (in conseguenza delle direttive del quartier generale di Capitan Bavastro - Dip. XI), ora si propone lo spostamento degli operai comunali dagli Asili Nido alle Scuole dell’Infanzia. Qualsiasi spostamento è per noi accettabile solo a condizione che avvenga su base volontaria.

 

Nessuno deve essere obbligato.

 

     La difesa del futuro passa anche per l’unità di chi lavora, che per quanto oggi lontana, si avvicinerà di certo prima se lavoratori che fanno gli stessi lavori con diverse condizioni di sfruttamento saranno fianco a fianco. Chi lavora per due lire sarà spinto ad organizzarsi, chi vuole nascondere a se stesso una realtà che minaccia peggioramenti potrà più facilmente riscattarsi dal modo poco dignitoso di pensare “io spero che me la cavo …” senza fregarsene di quello che è stato il proprio lavoro. Un lavoro che per la buona parte delle/i colleghe/i è stato anche una “missione”. Educare è un lavoro speciale e per farlo bene e per tanto tempo bisogna essere un po’ speciali. Assistere alla distruzione sperando di cavarsela mettendo la testa sotto la sabbia è una condanna che non crediamo valga la pena di infliggersi.