Bologna. Documento per il confronto con il Comune di sugli indirizzi di Bilancio per l'esercizio 2010
In allegato il documento
Il Comune nella crisi
Lo scenario in cui si inserisce il confronto sugli indirizzi del prossimo Bilancio del Comune di Bologna è grevemente caratterizzato dalla trasformazione della crisi economica e produttiva in crisi sociale.
L’analisi da noi fatta, sulla natura non principalmente finanziaria ma sistemica della crisi e sulle pesanti conseguenze sull’occupazione e sui livelli di reddito e di consumo dei settori popolari, risulta ampiamente confermata.
La trasformazione della crisi da economica a crisi sociale non è però da considerare come “conseguenza” naturale o inevitabile: siamo di fronte alle conseguenze sociali di una ristrutturazione strategica del tessuto imprenditoriale che ha individuato nella ulteriore compressione del costo del lavoro, di diritti e dell’occupazione gli elementi sui quali fare leva per rimanere competitivi sul mercato; la stessa e rafforzata ricetta che abbiamo individuato come uno degli elementi stessi che sono base strutturale della crisi economica.
Per molte imprese il contesto della crisi viene vista e agita come l’occasione per ideale per procedere con più facilità ad operazioni di attacco alle condizioni dei lavoratori: operazioni di speculazione, in senso stretto e in senso più generale, che devono trovare una ferma opposizione ed un contrasto coerente non solo da parte delle organizzazioni sindacali ma anche da parte delle istituzioni, a partire da quelle locali, che in uno scenario “federalista” si vedono consegnare le ricadute e i costi sociali più consistenti.
Due esempi emblematici: il primo sul caso della SABIEM, dove l’amministrazione comunale si era dichiarata prima fortemente contraria alla variazione di destinazione d’uso dell’area di risulta, ai fini di contrastare l’orizzonte di una speculazione immobiliare sull’area, per poi, come uno degli ultimi atti della precedente Giunta, concederne la modifica speculativa in cambio di un accordo sindacale a zero garanzie per i lavoratori licenziati.
Il secondo caso, per non limitarci al settore industriale, quello degli Hotel del potente Gruppo Monrif, che con la regia della stessa ASCOM, ha avviato una ristrutturazione con licenziamento dei dipendenti non perché in crisi ma per “ottimizzare” i margini di profitto e sul quale la giunta comunale non ha mosso un dito nonostante fosse stata avanzata una specifica richiesta.
Un tavolo di crisi permanente
In questo contesto di macelleria sociale nessuna istituzione ed amministrazione pubblica può ritenersi neutrale o incompetente, dovendo tra l’altro assumersi successivamente gli oneri di “ammortizzare” il disagio sociale ed economico conseguente: è necessaria una regia per dare continuità nel monitoraggio e nell’intervento, uno strumento di riferimento anche per le parti sociali, un tavolo di crisi permanente.
Politiche di integrazione al reddito
Come in premessa lo scenario della crisi economica sistemica nel nostro territorio si sta trasformando rapidamente in crisi sociale con sempre più gravi e crescenti ricadute in termini di diminuzione del reddito in diverse fasce di cittadini: non sono rinviabili concrete politiche di integrazione al reddito rivolta non esclusivamente a disoccupati, pensionati al minimo o inattivi, ma esteso ai cosiddetti lavoratori poveri, che pur svolgendo un’attività non riescono più a raggiungere condizioni minime di sicurezza economica (precari, in mobilità o cassaintegrati, in congedo parentale, ecc…).
Le misure adottate fino ad ora a seguito dell’accordo sottoscritto con cgil,cisl e uil, sono totalmente insufficienti, sia per la quantità irrisoria di risorse impegnate sia per la loro inefficacia nei confronti della stragrande maggioranza di lavoratori colpiti direttamente dagli effetti della crisi economica.
Rilanciamo l’istituzione di una “carta servizi metropolitana” per l’integrazione al reddito, utilizzabile per l’acquisto scontato o gratuito di beni e servizi attraverso una seria rete di convenzioni, a partire dalle società controllate e collegate (ATC, Hera, CAAB, ecc…) per i soggetti di cui sopra
Politiche abitative
Ribadendo la centralità dell’edilizia residenziale pubblica siamo contrari all’utilizzo delle poche risorse disponibili su progetti di housing sociale, piuttosto vanno reperiti i fondi necessari alla ristrutturazione dell’attuale patrimonio immobiliare di Comune e ACER, assegni per l’affitto, e reperimento degli alloggi per i casi di emergenza, non escludendo l’utilizzo dell’esproprio delle case sfitte come praticato in altre città ad alta emergenza abitativa.
Creazione di “ostelli per sfrattati”
a fronte dell’aumento degli sfratti per morosità è necessario mettere in campo uno strumento di natura emergenziale per garantire alle famiglie colpite da tali provvedimenti il mantenimento di una condizione abitativa dignitosa. A tale scopo è necessario reperire all’interno del patrimonio comunale non ERP, o tramite convenzione con enti esterni, strutture in grado di accogliere i suddetti nuclei. Questi potranno stipulare, con il Comune stesso, contratti di locazione di durata da definire a canoni sostenibili dal reddito del nucleo stesso.
’ammissibilità dei nuclei a tale progetto e il canone conseguente dovrà essere stabilito a partire dall’incidenza del canone di affitto precedente sul reddito.
Sostegno a chi non riesce a pagare il mutuo
Il problema abitativo investe fasce sociali diverse, arrivando a toccare chi ha provato a garantirsi una sicurezza abitativa tramite l’acquisto dell’alloggio e l’accensione di un mutuo a cui oggi non riesce più a fare fronte, è necessario mettere in campo gli strumenti legislativi già a disposizione e fare una verifica del loro utilizzo.
Nello specifico si fa riferimento alla legge del 18 dicembre 2008 n°199 art. 1 quater che dà la possibilità di cedere gli immobili sottoposti a procedura esecutiva immobiliare, occupati come abitazione principale con presente un mutuo insolvente, agli Istituti Autonomi Case Popolari (ERP) che li possono acquistare per poi provvedere a stipulare contratti di locazione a canone sostenibile con i mutuatari degli alloggi ceduti in proprietà fino all’estinzione del mutuo stesso.
Educativo – scolastico
Alle situazioni già croniche, oggi vediamo aggiungersi l’utilizzo di lavoratori impegnati, tramite appalti alle coop sociali, non solo nei servizi integrativi scolastici educativo – assistenziali, ma anche come “sostituti” delle carenze di organico determinate dalla contro riforma Gelmini.
L’uso sempre più importante delle cooperative con funzioni di surroga del soggetto pubblico, le quali applicano condizioni contrattuali al limite della decenza e che spesso utilizzano il proprio personale senza rispettare nemmeno i capitolati di appalto, sta determinando un progressivo scadimento della qualità dei servizi anche in un settore importante come questo.
Se a questo aggiungiamo l’esponenziale crescita dei nidi privati convenzionati, ricaviamo la necessità di avviare una inversione di tendenza nell’utilizzo del privato sociale nel settore, e di un immediato intervento per garantire da subito una equiparazione di fatto dei trattamenti economici e normativi per il personale utilizzato.
Precariato
La giunta precedente non ha raggiunto l'obiettivo prioritario di eliminare in maniera strutturale, entro il suo mandato, il precariato come dall'accordo del 01/02/2007.
Nei servizi educativi e scolastici c'è ancora una presenza consistente di precari che lavorano da anni in questo ente.
Bisogna prevedere assunzioni nei nidi e nelle materne per continuare ad assicurare un servizio pubblico di qualità.
Le riposte avute fino ad ora sono inaccettabili e ad esempio non tengono conto che per le educatrici, fino al 31 dicembre 2009, è ancora utilizzabile la lista delle idonee alla stabilizzazione e più in generale per collaboratori ed educatrici deve essere valorizzata la professionalità acquisita in anni di lavoro.
Sull’insieme delle questioni si chiede l’apertura immediata di un tavolo di confronto con l’assessore.
Una Autority per le società controllate e partecipate
A fronte dei processi di esternalizzazione e di privatizzazione di Società come HERA, non solo è necessaria una concreta azione di contrasto all’applicazione dell’articolo 15 del Decreto Legislativo 135/2009, riguardante la riforma dei servizi pubblici locali, ma rimettere in discussione la deriva del “modello HERA” e l’autonomizzazione che si è prodotta tra le finalità di un’azienda con interessi nazionali e quotata in borsa e le finalità affidatele dagli enti e comunità locali.
Altro esempio è la “querelle” su BolognaFiere, che non può riguardare solo l’aspetto dei compensi all’attuale A.D. ma il futuro stesso del rapporto tra la città e l’expo, vedasi i continui tentativi da parte dei soci privati di procedere con la svendita del patrimonio immobiliare. L’intervento dell’amministrazione comunale deve essere all’altezza dei problemi ed entrare nel merito dell’attuale piano industriale.
Si rafforza, evidentemente, la necessità di una “istituzione di una Autorità per le società controllate, collegate e partecipate dal Comune di Bologna che operi in rapporto con la giunta e il consiglio comunale” come già contenuta nella nostra piattaforma di Bilancio presentata lo scorso anno.
Un reale e trasparente controllo delle politiche industriali e tariffarie dal sistema delle società controllate e collegate, con l’esclusione della vendita delle quote delle aziende di servizi pubblici (è necessaria una chiara e urgentissima presa di posizione riguardo l’art. 15 del DL 135/09 che priverà gli enti locali della gestione di tutti i servizi pubblici); sempre riguardo i rapporti con queste società è necessario una chiara presa di posizione sul tetto ai compensi di manager e consiglieri di amministrazione, sul loro ruolo e rapporto (altamente deficitario e non trasparente) con gli organismi istituzionali e con le parti sociali, riproponiamo la necessità di una sorta di autority.
Welfare e ASP – una istruttoria pubblica -
Nel processo di riorganizzazione dei servizi sociali è ormai un dato di fatto confermato l’attuale stato di confusione e l’impatto negativo sulla reale qualità nell’erogazione dei servizi del processo di decentramento. Riteniamo si debba ricostruire un modello omogeneo e sostenuto con le dovute risorse, ripristinando urgentemente almeno la precedente capacità di risposta ai bisogni emergenti e crescenti dei cittadini; ribadiamo che le ASP devono essere l’occasione per un processo di reinternalizzazione di servizi attualmente affidati impropriamente a privati e cooperative.
Sul tema riteniamo debba essere recuperata la capacità progettuale dei lavoratori del settore anche attraverso una “istruttoria pubblica” che coinvolga gli attori e utenti dei servizi cittadini.
Risorse economiche
Altro elemento sono le politiche governative e il procedere di un federalismo che scarica i costi delle politiche nazionali sugli enti locali, e che contestualmente continua a non garantire risorse sufficienti alle autonomie locali (dal welfare alla scuola).
Ogni ipotesi di taglio della spesa nelle varie voci di welfare locale ci vede contrari, e la mancanza di risorse non può essere subita, però contestualmente vanno attivati strumenti di reperimento delle risorse necessarie attraverso ad esempio una più efficace applicazione del protocollo di intesa “ANCI Emilia Romagna – Agenzia Entrate” del 16.19.2008, per il recupero dell’evasione fiscale; la partecipazione del Comune all’accertamento erariale comporta il riconoscimento di una quota pari al 30% delle maggiori somme riscosse, ed è realizzabile tramite l’utilizzo programmato, oltre che del settore tributi, del corpo di Polizia Municipale; su questo facciamo rilevare che, dagli ultimi dati, non risulta un sufficiente impegno da parte dell’amministrazione, basti pensare che il solo Comune di Mirandola ha certificato 183 segnalazioni mentre il Comune di Bologna solo 98.
Riteniamo non più rinviabile e ancor più necessario l’azzeramento del finanziamento alle scuole private e congelamento di ogni spesa relativa alle infrastrutture e opere (ad esclusione di quelle strettamente inerenti alle misure di sicurezza e salute), e su questo tema ci risultano sconcertanti le dichiarazioni su “risucchiatori di rifiuti” per il centro storico.
Relazioni industriali e democrazia sindacale
In relazione all’inizio mandato della nuova giunta, e con la premessa del riconoscimento del protocollo delle relazioni sindacali, diventa centrale la verifica ed un confronto preventivo degli accordi e degli impegni presi con la precedente amministrazione e non attuati.
Ad esempio a fronte della crescente necessità ed urgenza di trasparenza e partecipazione democratica nella determinazione e nella verifica delle politiche industriali delle Società controllate, collegate e partecipate; sottolineiamo che non si è mai realizzato il tavolo di confronto con le altre società controllate, collegate e partecipate in merito alle linee di indirizzo, alla qualità dei servizi, e ai diritti dei lavoratori come da accordo 08.02.2008.
Ancora: gli incontri periodici di verifica sull’applicazione delle regole e dei contratti sono rimasti meno che episodici, i casi di irregolarità segnalati non hanno avuto nessun intervento di riscontro da parte dell’amministrazione.
Grave è la conferma e la proroga, della decisione del Prefetto, condivisa dal Sindaco, del divieto di manifestazione (cosidetta Direttiva Maroni) nel centro cittadino nei fine settimana: a fronte del diritto e della libertà di organizzazione e di lotta, ancora più preziosi in una situazione di crisi sociale e di degrado dei livelli di democrazia e di partecipazione, questa è una risposta evidentemente finalizzata ad un tentativo, alla lunga inutile, di comprimere la visibilità e la piena legittimità dei conflitti sindacali e sociali.
Se ne chiede il ritiro
Abbiamo registrato ripetute esclusioni della nostra organizzazione dalle sedi di confronto, così come definito dal protocollo sulle relazioni sindacali firmato il 13.07.2006, in alcuni casi si è arrivati al mancato rispetto dello statuto dei lavoratori (Legge 300/70), e all’esclusione non solo della nostra organizzazione sindacale ma anche dell’insieme delle RSU, come nel caso dell’accordo sul “decentramento” e sportelli sociali mentre si aprono “tavoli”con la partecipazione solo di alcune organizzazioni e di cui si viene s conoscenza solo in un secondo tempo.
Si sta creando nei fatti un sistema parallelo di relazioni sindacali che non è in alcun modo giustificabile.
Su questo punto serve un chiarimento formale e definitivo.
RdB Bologna