Roma. RdB deve pubblicare a pagamento l'analisi della situazione dei Nidi. Si chiama "libertà di stampa"
In allegato la manchette pubblicata da EPolis Roma e rifiutata dal Corriere della Sera e City
RdB cosciente dell'attacco che si sta perpetrando a danno del personale e degli utenti degli Asili nido di Roma ha inteso acquistare uno spazio a pagamento sulla carta stampata per spiegare più analiticamente le ragioni delle nostre lotte e l'accanimento privatistico attuato prima dalla Giunta Veltroni e ora dalla Giunta Alemanno.
Nonostante questo abbiamo registrato l'indisponibilità alla pubblicazione tanto da parte di City che del Corriere della Sera (per una presunta offensività del messaggio).
Naturalmente abbiamo chiesto che tali motivazioni siano esplicitate per iscritto (ma ancora non abbiamo avuto risposta).
La nostra delegata Caterina Fida ha inoltre inteso esprimere il suo rincrescimento al direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli (che riportiamo in fondo)
IL MONDO SALVATO DAI RAGAZZINI
il lavoro educativo come strumento per costruire il futuro
Perché a Roma non si trova posto nei nidi pubblici e si obbligano le famiglie ad accettare “obtorto collo” i servizi educativi dei privati?
Le aperture di nuovi Asili nido per rispondere alle esigenze delle famiglie è scaturito, in particolare, dall’esigenza di favorire l’accesso delle donne al lavoro.
Già nel 2002 il Consiglio Europeo indicava, tra le possibili strategie per incentivare il lavoro femminile, un aumento delle strutture per l’infanzia fino a coprire il 33% della popolazione in età 0-3 anni entro il 2010. In Italia molti Comuni hanno seguito questa linea guida, ottenendo però scarsi risultati visto che oggi solo 11% dei bambini viene accolto negli Asili nido.
Di recente anche il Ministro Brunetta è intervenuto promettendo l’apertura di Asili nido in tutti gli uffici pubblici con i risparmi ottenuti dall’aumento dell’età pensionabile.
Tuttavia il buon proposito rischia di essere ben poca cosa visto che l’età media dei dipendenti pubblici supera i 50 anni.
Le amministrazioni locali generalmente hanno cercato di rispondere alla richiesta di servizi preferendo l’affidamento ai privati anziché la gestione diretta, motivandola con maggior efficienza ed efficacia.
Ma lo scopo apparente di migliorare l’efficienza dei servizi, diminuirne i prezzi e risanare il bilancio delle amministrazioni, si è scontrato con la realtà di un generale peggioramento qualitativo.
In primo luogo a danno dei bambini, che si trovano in ambienti sovraffollati e vedono compromesso il diritto ad avere accanto adulti in grado di rispondere ai loro bisogni.
In secondo luogo a danno delle famiglie, che non hanno beneficiato di alcuna riduzione economica delle rette e che sono costrette a lasciare i figli in strutture che al massimo garantiscono la sorveglianza dei piccoli.
Infine a danno delle educatrici, che vedono aumentare smisuratamente i carichi di lavoro e svilita la professionalità, oltre a riduzioni sostanziose degli stipendi per le lavoratrici dei nidi privati.
In maniera meno esplicita questa logica sottende l’obiettivo di indebolire la condizione materiale delle lavoratrici e di ridurre progressivamente le tutele sociali.
Paradossalmente, anche laddove si sono aperti nuovi servizi, si è innescato un meccanismo schizofrenico, volto solo a fronteggiare l’esigenza quantitativa..
Anche il Comune di Roma non sfugge a questa logica e, da anni, persegue un modello dai tratti fortemente privatistici .
Nidi Pubblici Nidi convenzionati
2002 150 3
2007 184 63
2009 193 185
Stiamo ovviamente parlando di privati che non marciano esclusivamente con le loro gambe e reggono grazie a lauti contributi pubblici. Per ogni bambino inserito nelle liste comunali e accolto nel nido convenzionato il Comune di Roma versa una cifra mensile che va dai 693 agli 825 Euro mensili (il Comune riscuote la quota pagata dalle famiglie).
In cambio i gestori privati dovrebbero rispettare i parametri qualitativi fissati per le strutture pubbliche. In particolare dovrebbero porre la stessa cura in ordine alla gestione degli spazi, ai progetti educativi, alle qualifiche del personale, ai rapporti educatore/bambino e ausiliari/bambini, alla formazione.
Anche i contratti di lavoro dovrebbero essere quelli nazionali di categoria.
Il Comune di Roma cerca di monitorare i livelli qualitativi di questi servizi attraverso i funzionari educativi.
Sembra che il meccanismo sia perfetto, equilibrato ed anche economico, salvo che: i funzionari educativi (200 funzionari su 670 tra Asili tra gestione diretta e privati e scuole dell’infanzia) sono oberati dal lavoro e raramente riescono ad effettuare controlli accurati ed efficaci nella strutture convenzionate.
I gestori privati applicano al personale contratti che, rispetto a quello degli Enti Locali, provocano una perdita salariale che va dai 300 ai 500 Euro al mese.
Aumentano le ore lavorate.
Raro che il rapporto educatrice/bambino rispetti i limiti richiesti dalla legge.
Il contratto, a tempo determinato, è interrotto alla fine dell’anno scolastico e forse rinnovato l’anno successivo.
Le lavoratrici dei nidi, con salari bassi, una flessibilità che le tiene tutto il giorno lontane da casa ed un contratto a scadenza, sono quelle stesse donne citate dalle statistiche che, pur essendo occupate, contribuiscono a mantenere il tasso di natalità a 1,3 figli: la loro vita precaria è vissuta in funzione del lavoro e dei tempi dell’impresa che le ha assunte la quale, nei fatti, le vieta anche il diritto alla maternità.
La “collaborazione” pubblico/privato, passa attraverso una diminuzione sistematica dei diritti delle lavoratrici. Abbattendo il costo del lavoro, aumentando la produttività e la flessibilità, le aziende riescono a fare profitti, ma creano povertà sociale.
Prepotentemente il modello di riferimento diventa il privato perché parrebbe più economico, ma è un modello che gioca pericolosamente al ribasso e che annienta ogni valenza educativa.
Oltretutto, in amministrazioni locali come quella di Milano, che ha fortemente privatizzato il settore scolastico educativo, la spesa pro-capite risulta considerevolmente più alta rispetto a quella di Roma (cfr. “I Comuni Italiani 2009” realizzato da Cittalia e Ifel ).
Alla forte tendenza alla privatizzazione dei nidi – che rischia di essere ulteriormente aggravata dalla riforma federalista dello Stato – si associa una riorganizzazione del settore pubblico che tende ad avvicinare i nidi comunali alla gestione privata in termini di contenimento dei costi, di riduzioni del personale, di aumento del numeri di bambini seguiti da ogni educatrice, di una flessibilità estrema che mal si accompagna ad una adeguata realizzazione dei progetti educativi.
In questo senso anche gli organi d’informazione parlano dei nidi per elencare il numero di bambini in lista di attesa, per lodare questa o quella amministrazione che apre più strutture, per condannare i nidi pubblici considerati troppo costosi ed esaltare le virtù dei privati perché efficienti e capaci di contenere i costi.
Non si parla dei bambini.
Le buone pratiche educative, diventate patrimonio comune, sono in pericolo per far posto a un “modello nido” sempre più assistenziale. L’incongruenza tra le regole imposte dall’istituzione ed i tempi dei bambini diviene palese: le turnazioni ad incastro del personale senza una logica legata al fare pedagogico, la riduzione delle supplenti, la contrazione degli organici fanno saltare i progetti educativi mettendo in evidenza la contraddizione fra ciò che viene asserito e ciò che invece è realmente realizzato.
Le Rappresentanze Sindacali di Base a Roma si sono opposte a questa logica e hanno avviato una vera e propria battaglia di civiltà: prima con la gestione Veltroni e ora con la gestione Alemanno.
Una battaglia che ha posto al centro di tutto il benessere dei bambini e delle lavoratrici: cioè chi nei nidi vive ogni giorno.
Al contrario il Comune di Roma ha imposto la propria azione di riorganizzazione.
Questo ha generato un malessere continuo manifestato dalle operatrici e dai genitori che hanno denunciato il loro mancato coinvolgimento.
Ne è scaturito l’aumento della flessibilità oraria, del carico di lavoro, dell’incentivazione del part-time occasionale senza prospettive future, del far finta di non vedere che nei nidi in convenzione è utilizzato un numero inferiore di educatrici rispetto alle reali esigenze e con stipendi sensibilmente più contenuti.
Tutto questo significa peggiorare la qualità della vita dei bambini, delle donne e diminuire il benessere delle famiglie.
Il rapporto Starting Strong2 dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) 2006 insiste sulla creazione di sistemi nazionali d’educazione e cura prescolare ispirati al modello dei paesi nordici, paesi dove tali sistemi sono considerati un bene pubblico sul quale investire poiché tutta la società ne trae beneficio.
Il rapporto non si limita a chiedere investimenti in termini quantitativi ma rileva che non è sufficiente da parte dei governi affermare semplicemente “in 5 anni abbiamo destinato 8.000 posti in più, il prossimo anno altri 5.000”, ma è necessario che questi posti offrano educazione e cura di qualità per i bambini, altrimenti si rischiano più danni che benefici.
Alla decadenza di valori e di qualità della vita, alla “cattiva” educazione, RdB si sta opponendo con ogni mezzo per affermare invece una rinnovata e partecipata cultura dell’infanzia che non sia basata solo sul contenimento dei costi.
La battaglia di civiltà intrapresa a Roma sulla gestione degli Asili nido è emblematica del discutibile approccio della politica riguardo la gestione della Pubblica Amministrazione e del mantenimento dello Stato sociale.
Ancora una volta su questi temi RdB chiama tutta la cittadinanza allo sciopero Generale il 23 Ottobre 2009 e alla manifestazione nazionale con partenza alle ore 10 da Piazza della Repubblica.
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La lettera al Direttore del Corriere della Sera De Bortoli
Gentile Direttore,
nei giorni scorsi abbiamo contattato l'agenzia che si occupa delle inserzioni pubblicitarie per il vostro quotidiano e prenotato un spazio per l'edizione romana di lunedì 19.
Il lavoro da noi inviato è un'analisi, supportata da dati facilmente verificabili, sulla situazione dei servizi all'infanzia ed in particolare sullo stato dei nidi romani.
Oggi siamo stati chiamati dai vostri uffici e ci è stato comunicato che il lavoro, così come presentato, non è pubblicabile perchè offensivo nei confronti del Comune di Roma.
Nel lavoro non vi è alcuna parola offensiva. Ripeto, è una semplice analisi sui servizi educativi. Emerge naturalmente anche la nostra posizione ed è sicuramente una posizione diversa da quella dell'amministrazione capitolina, ma credo che avere posizioni diverse sia possibile, anzi auspicabile.
Di fatto la vostra decisione è in pieno contrasto con il fine di una corretta e completa informazione ed impedisce alla gente comune di scegliere e di farsi una opinione in piena libertà.
Le invio, in allegato, il lavoro rifiutato perchè sia lei a valutare le ipotetiche offese e, magari, decidere al riguardo.
Cordiali saluti.
Caterina Fida
Responsabile RdB-CUB Servizi Educativi Comune di Roma