La mia storia di insegnante nella scuola dell'infanzia del Comune di Roma
Il contributo di una insegnante al Congresso regionale RdB CUB del Lazio
La mia storia di insegnante nella scuola dell’infanzia del Comune di Roma è una storia che dura da vent’anni. Vent’anni che a tutt’oggi vivo in maniera precaria sono assunta a settembre e licenziata a giugno di ogni anno scolastico.
In questi lunghi anni di esperienza ho assistito, purtroppo ad un processo lento ma inesorabile di trasformazione della scuola materna e degli asili nido in "baby parking" , privatizzazione dei servizi,e sempre più aiuti alle strutture private a discapito degli asili e scuole dell’infanzia comunali.
Si assiste da tempo alla mercificazione della cultura e dell’istruzione, all’inserimento di un regime di gestione dei servizi scolastici ed educativi basato su logiche imprenditoriali.
E di fatti l’ultimo accordo firmato lo scorso 18 ottobre è inseribile perfettamente in questa ottica, introduce infatti una pericolosa forma di flessibilità, e una revisione del modello organizzativo scolastico che sono determinanti per un sicuro peggioramento della qualità del servizio.
Si trova scritto al punto 1 di quest’accordo : "Ai fini del miglioramento della qualità della scuola dell’infanzia, il Collegio dei docenti di concerto con i Coordinatori, elabora il nuovo modello organizzativo della scuola. I modelli sono approvati dal Dipartimento XI. I docenti svolgono le attività didattiche nel modo funzionalmente più idoneo a realizzare il progetto educativo con la massima collegialità attraverso differenziate articolazioni di prestazioni lavorative del singolo docente",….ma lo troviamo solo scritto, perchè in realtà la scuola non è fatta dai gruppi educativi come fanno credere e l’autonomia scolastica è mera illusione, di fatto ci troviamo di fronte ad un’amministrazione con impronta manageriale che usa pressioni, e in alcuni casi addirittura atti di natura intimidatoria che ledono la dignità dei lavoratori, volti ad aderire a nuovi modelli organizzativi che, mascherati da motivazioni pedagogiche, nascondono in realtà la logica della flessibilità del mercato.
E’ un sistema che assume atteggiamenti arroganti nell’inseguimento di logiche di risparmio, mortificando non solo la nostra professionalità di insegnanti, la nostra disponibilità e l’impegno sociale che ogni giorno, ogni momento di una giornata scolastica ci troviamo ad affrontare, e mi riferisco a giornate vissute in classi di 25 bambini, 25 bambini che sono esseri umani che si affacciano al mondo e si distaccano per la prima volta dal nucleo familiare.
Non vengono considerati i loro tempi, i loro bisogni, le singole problematiche. Una dignità quella dei piccoli utenti ulteriormente schiacciata nei casi di disabilità, infatti assistiamo sia alla riduzione del numero del personale specializzato che delle ore creando una notevole difficoltà di inserimento dei bambini portatori di handicap.
Ci si rende conto che stiamo parlando di esseri umani e non pacchi, esseri umani che saranno gli adulti di domani?
Che valori si trasmettono? quello della vincita del più forte?, e anche per quanto riguarda noi insegnanti quello della super efficienza a tutti i costi? Mi riferisco infatti all’ulteriore criterio di valutazione per noi precarie, introdotto sempre nell’ultimo accordo, attraverso il quale verranno premiate con punti aggiuntivi e quindi con avanzamento nella graduatoria quelle insegnanti che si assentano per malattia il meno possibile.
Ci mancava anche la discriminazione…Intacchiamo pure il diritto alla maternità, alla cura dei figli e comunque alla salute di noi stesse!
…..Lanciate nella folle corsa della "raccolta punti" per l’assunzione che, viste le nostre esperienze, rimane sempre più ipotetica e lontana….
I miei sentimenti oscillano tra una profonda tristezza e profonda rabbia e non vi nascondo che la tentazione di non fare più parte di questo meccanismo perverso è sempre più forte, quanto sempre più forte è l’umiliazione di vedere sempre svilita la mia figura educativa, la mia dignità di donna, di lavoratrice, di una persona che assiste e partecipa ad un processo educativo che non può essere certo quello di un paese civile e progredito.