Provincia di Alessandria. INTERVENTO AL CONSIGLIO DEL 25 NOV. DEI RAPPRESENTANTI USB E CUB

Rivendicate davanti ai parlamentari piemontesi e al Consiglio provinciale le ragioni dello sciopero del personale provinciale del 6 Dicembre

Alessandria -

“Ad Agrigento 268 bambini ciechi e sordi non hanno più un insegnante che nel pomeriggio li aiuta a fare i compiti a casa. A Nicosia, Enna, l'istituto tecnico "Volta" non riesce a pagare le bollette. A Ragusa il servizio di trasporto disabili non è mai partito e le mamme degli studenti si sono accampate negli uffici per protesta. A Palermo per la manutenzione ordinaria dei 134 istituti superiori, un'ottantina quelli in città, la somma stanziata è pari a zero. Così Antonio, studente costretto sulla sedia a rotelle, segue le lezioni in un'aula sovraffollata al piano terra perché nessuno ripara l'ascensore dell'istituto per geometri "Parlatore" di piazza Montevergini. Ma perché succede tutto questo? Erano le Province, fino a qualche tempo fa, a garantire questi servizi. Le stesse Province che la Regione ha cancellato a marzo scorso precedendo, sulla strada dei tagli e del contenimento della spesa pubblica”.......(fonte Sara Scarafia - La Repubblica 17.11.2013).

La Corte dei Conti – Sezione delle Autonomie ha già bocciato sonoramente il discusso disegno di legge “Delrio” recante disposizioni su “Città metropolitane, Province, unione e fusioni di Comuni”.

Infatti, durante l’audizione in Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati del 6 Novembre scorso, il giudizio espresso non lascia spazio ad interpretazioni affermando testualmente: “è ragionevole ipotizzare che il trasferimento di personale e funzioni ed ad altri enti territoriali, con il subentro in tutti i rapporti, abbia un costo sia in termini economici che organizzativi”, conseguentemente “non è chiaro quale sia l’impatto effettivo dell’operazione”.

La Corte non appare convinta sull’assunto su cui si basa il disegno di legge e cioè sull’invarianza degli oneri sul passaggio delle risorse e funzioni dalla Provincia ad altri Enti territoriali, profilando dubbi sugli effetti risparmi di scala conseguenti ai processi di unificazione imposti dal disegno stesso.

In particolare, osserva sempre la Corte, traslare le funzioni dalle Province alle Città Metropolitane, e contemporaneamente, far corrispondere a questo passaggio uno "zero" in termini economici sembra azzardato.

Anche il Prof. Pietro Ciarlo, giurista, nonché uno dei trentacinque saggi scelti da Presidente del Consiglio Letta per riformare la Costituzione, boccia il disegno di legge del Ministro per gli Affari regionali, Graziano Delrio, affermando che “Procedere alla soppressione di questi enti con una legge ordinaria è una forzatura, bisogna ricorrere a un procedimento di revisione costituzionale”.

Merita anche di essere menzionato l’appello sottoscritto da 44 tra i migliori giuristi del Paese, tra cui alcuni componenti della Commissione per le Riforme Costituzionali, in cui si sottolinea come “ogni ipotesi di soppressione o decostituzionalizzazione delle Province appare contraddittoria e in contrasto con i principi autonomistici della Costituzione e con la Carta europea delle autonomie locali: infatti, le funzioni di area vasta che caratterizzano il livello provinciale non sono attribuibili né ai Comuni (nei cui confronti sono esercitate) né alle Regioni (enti di programmazione, non di gestione). Ma appare anche incoerente con gli obiettivi proclamati, perché produrrebbe aggravi di costi, paralisi o complicazioni decisionali (si pensi a enti intermedi in forma associativa tra Comuni), rischi di distruzione di apparati e di competenze tecniche oggi essenziali sul territorio, anche per la tutela della legalità contro la corruzione e la criminalità organizzata e la qualità dell’amministrazione”.

L’Unione delle Province Italiane ha in più occasioni e con dati ufficiali, provenienti dal Ministero dell’Economia e dalla Corte dei Conti, dimostrato le criticità della proposta di riforma ed i maggiori costi che ne deriverebbero, oltre ai vari dubbi legati alla carenza di un disegno organico e di chiare disposizioni sull’assetto delle funzioni, sul patrimonio, sul personale, sui mutui contratti dalle Province, sulle partecipazioni societarie, sul patto di stabilità.

A fronte di questi prestigiosi interventi, le sigle che nello stesso disegno di legge vengono definite “maggiormente rappresentative” hanno pensato bene di sottoscrivere un protocollo insieme al Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, all’ANCI e alla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, all’interno del quale si parla apertamente della proposta di norme che consentano di attuare eventuali “percorsi di mobilità tra enti”, non incidendo sugli attuali limiti di spesa e “garantendo la copertura economica per il personale trasferito”.

Speriamo almeno che i lavoratori iscritti alle loro sigle, abbiano ricevuto ampie rassicurazioni in ordine a quale idea di un futuro livello di area vasta o livello intermedio si andrà sviluppando, nonché quale riorganizzazione delle deleghe regionali oggi affidate alle province si potrà sviluppare.

Noi invece siamo fortemente preoccupati, condividendo pienamente le conclusioni della Corte dei Conti, dei saggi e della dottrina in generale sull’insostenibilità di questo disegno di legge.

Ancora, al punto 5 del protocollo d’intesa si parla addirittura di un “confronto a livello territoriale/regionale sui dati degli eventuali esuberi”.

Esuberi è una parola che noi non conosciamo in quanto non è contemplata dal nostro vocabolario sindacale.

Insomma, sembra si voglia rinunciare a combattere unitariamente la battaglia per difendere le Province dall'assalto del più bieco populismo di questi ultimi venti anni, per avere invece come contropartita un ruolo di “consulenza” nella fase di trasferimento delle risorse umane, per cui, a nostro avviso, molti dipendenti rischieranno di venire spediti come pacchi postali con un unico biglietto di andata (ricordiamo la c.d. salvaguardia occupazionale), almeno questo è quello che si evince in via preliminare dalla lettura del documento stipulato tra le parti firmatarie dell’accordo.

Così facendo, con un ragionamento logico chiunque potrebbe desumere che le Province così come attualmente configurate non servano effettivamente a nulla, quindi implicitamente si finisce per fiancheggiare i populisti del “nuovo che avanza”, a cui invece nulla interessa del destino dei dipendenti provinciali, infatti nel testo del disegno di legge non si trovano precise indicazioni sulla ricollocazione del personale, ma solo vaghe previsioni.

CUB ed USB lottano in questo frangente per LA SALVAGUARDIA DI TUTTI I POSTI DI LAVORO E DELLE PROFESSIONALITA’ DEI DIPENDENTI CHE SVOLGONO QUESTI SERVIZI ESSENZIALI (precari inclusi), e in questo senso, condividono un prudente rallentamento del turn-over, chiedendo da subito un tavolo di confronto per la definizione delle reali necessità di organico sulla base non già del risparmio economico fine a se stesso (che rischierebbe di essere interpretato dalla controparte governativa come una pura e semplice compressione salariale), MA DELLA EFFETTIVA NECESSITA' DI PROFESSIONALITA' LEGATE AI BISOGNI DEI CITTADINI, DELLE IMPRESE E DEL TERRITORIO.

La dimensione territoriale provinciale è centrale per lo sviluppo dei territori perché è a questo livello che si registra una capillare distribuzione di popolazione, imprese e servizi, distretti industriali, rurali e poli di attrazione turistica, ma anche di presidi fondamentali come Prefetture, Questure, Tribunali, Ospedali, etc.

L’USB in proposito ha presentato in tempi non sospetti un documento contenente dieci proposte di buon senso, che eviterebbero la soppressione delle province producendo realmente consistenti risparmi; una delle misure proposte e forse la più importante è quella relativa al blocco del turn over per dipendenti, quadri, dirigenti, nella misura 1 a 10. (10 pensionamenti -> 1 assunzione a tempo indeterminato).

Attuando questa semplice misura, in un periodo temporale di medio termine si otterrebbe un apprezzabile risparmio di costi, mentre in presenza di fasi critiche ed eventualmente per determinati settori si potrebbero comunque ripristinare le assunzioni del personale a tempo determinato.

Altre proposte, riguardavano l’apertura di tavoli di confronto tra le amministrazioni e le rappresentanze sindacali per individuare concretamente gli sprechi, soprattutto valorizzando le professionalità interne agli enti, formulando nel contempo serie proposte di contenimento della spesa corrente.

Anche per quanto concerne gli organi di governo degli Enti, si possono sicuramente attuare efficaci misure per una ulteriore riduzione del numero di consiglieri ed assessori e dei costi della politica in generale.

Tuttavia, anziché percorrere la strada corretta per il recupero delle risorse e la riduzione degli sprechi, si tende invece a sposare le nuove derive populiste che nulla hanno a che vedere con l’applicazione dei criteri di economicità, rapidità, efficacia ed efficienza sanciti dal principio del buon andamento della pubblica amministrazione (art.97 Costituzione), scagliandosi contro enti la cui spesa per il personale rappresenta solo l’1,75% del totale dei dipendenti pubblici, per poi lasciare invariati i costi di altri enti (istituti autonomi, consorzi, fondazioni, etc.).

A ciò debbono aggiungersi anche i dati riferiti alle società partecipate e Agenzie varie di Stato, Regioni e Enti Locali diffusi recentemente: si tratta di circa 7.800 Enti, oltre 19.000 consiglieri di amministrazione, 15 miliardi solo di stipendi per oltre 300.000 addetti.

Proprio perchè, insieme all' occupazione, CUB e USB mettono al primo posto LA TUTELA DEI SERVIZI PER I CITTADINI (ricordiamo che le Province svolgono attività essenziali come la manutenzione e la vigilanza sulle strade, sovraintendono il sistema di trasporto pubblico e privato, il lavoro ed i centri per l’impiego, la scuola e la manutenzione degli istituti scolastici, la tutela del territorio, dell’ambiente, la protezione civile, la promozione della cultura e dei prodotti tipici, etc…), riteniamo dunque doveroso e opportuno coinvolgere la cittadinanza al fine di far conoscere tutte le competenze attualmente delegate alle province, spiegando loro le funzioni ed i servizi che oggi ci sono e che domani potrebbero venire a mancare.

Occorre cercare di eliminare definitivamente i luoghi comuni che portano alla generica opinione sui dipendenti pubblici, schierandoci tutti dalla stessa parte a tutela di quelli che sono i nostri diritti di lavoratori e di cittadini, con la consapevolezza che tutto può essere migliorato.

In questo senso, come rappresentanze sindacali delle sigle CUB e USB, proponiamo di tenere alcuni incontri territoriali con la popolazione e le imprese nei più importanti centri-zona della provincia, entro la prima decade di dicembre.

Ricordiamo inoltre ai lavoratori che USB così come la CUB resisterà con ogni mezzo necessario al Provincicidio messo in atto da questo governo (o da altri); a tal scopo USB ricorda l’appuntamento relativo alla sciopero del 6 Dicembre 2013 per il personale delle Province.

Appuntamento a Roma, sotto il Ministero degli Affari Regionali sito in Via della Stamperia n.8.

A chiusura di questo documento chiediamo pertanto a tutti i parlamentari piemontesi presenti al lavori del Consiglio Provinciale in seduta aperta, un atto di coraggio e di buon senso, indipendentemente dallo schieramento politico rappresentato alla Camera o in Senato, attivandosi affinché questo disegno di legge non venga inserito all’interno della Legge di stabilità, ma sia avviato invece un nuovo percorso legislativo per una vera razionalizzazione della spesa degli enti locali, mantenendo le Province esattamente come sono state previste dalla nostra carta costituzionale, ripristinando altresì i trasferimenti statali e regionali necessari per il loro funzionamento.

Grazie per l’attenzione!!!  

Giancarlo Pozzi – USB Unione Sindacale di Base
Antonio Francica – CUB – Confederazione Unitaria di Base